Il neoliberismo spinto di questi ultimi anni ha portato un grande aumento di disoccupazione, sottoccupazione, precarietà.
Per una accumulazione del capitale senza freni inibitori niente di meglio che supersfruttare alcuni e sottoccupare e precarizzare gli altri, quindi aumento dell’età pensionabile, aumento dell’orario di lavoro, abuso degli straordinari e del lavoro festivo. Tutto ciò fa risparmiare e divide i lavoratori.
Tutti i giorni nel lavoro sindacale che svolgiamo ci troviamo di fronte a questi problemi, vedi ad esempio la situazione del porto di Livorno, delle cooperative sociali e non, della scuola con le ultime uscite del governo, etc.
Quello che stupisce è che di fronte a questo feroce attacco non c’è una reazione adeguata dei lavoratori. E’ vero che non si intravedono alternative a breve termine e nella maggior parte dei lavoratori c’è la sfiducia a costruirne a medio ed a lungo termine, manca o meglio si rifugge da un progetto, da un ideale, ma tutto ciò non è sufficiente per comprendere come il capitale riesca a mantenere in modo artificiale lo status quo, a congelare questa situazione di stallo nella guerra tra le classi.
In realtà la chiave di volta di questa strana situazione è il ruolo che hanno assunto i sindacati di regime, cioè CGIL, CISL, UIL ed a seguire, con un ruolo subordinato, UGL, CONFSAL, CISAL etc.. Infatti stiamo assistendo al passaggio da una fase chiamata della “concertazione” ad una fase in cui, con l’accordo del 10/1/2014 (il famigerato testo unico sulla rappresentanza), si rispolverano le corporazioni tipiche del regime fascista, che potremmo definire fase della “corporazione”.
In pratica si è passati da una fasulla pantomima della cogestione, che tra l’altro ha portato come frutto quello dei famigerati fondi pensione di categoria, cogestiti al 50% dai sindacati di regime e dai padroni e quasi tutti in perdita, ad una fase in cui viene riconosciuta da parte dei padroni ( Confindustria, etc.) a CGIL, CISL e UIL l’esclusività della rappresentanza dei lavoratori a patto ovviamente che questi facciano il cane da guardia al capitale accumulato. Qualcosa di molto simile a quello che avvenne il 2 ottobre 1925 quando, con gli accordi di Palazzo Vidoni, venne riconosciuto dalla Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali e dalla Confindustria la reciproca esclusività della rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro.
In questa nuova fase il compito dei sindacati di regime, soprattutto nel settore privato, non è tanto quello di cogestire quanto quello di terrorizzare i lavoratori per far passare le manovre dei padroni.
Infatti tutti i giorni nel nostro lavoro sindacale, in tutti i settori in cui siamo presenti, assistiamo sempre alla stessa sceneggiata: quando il padrone o la direzione della cooperativa devono far passare qualche manovra peggiorativa per i lavoratori ( azzeramento del contratto di secondo livello, abuso degli straordinari, passaggio forzato da full time a part time, etc.) entrano in scena CGIL, CISL e UIL minacciando i lavoratori che, se non si accetta tutto il pacchetto confezionato dal padrone o chi per lui ci saranno licenziamenti, catastrofi, diluvio universale come castigo divino.
In sostanza si punta a disgregare il fronte dei lavoratori tramite il “si salvi chi può” dando ad intendere che solo gli iscritti ai sindacati di regime avranno più probabilità di essere tra i salvati, tra gli eletti, quindi un nuovo ruolo di bottegai in monopolio, totalmente subordinato al volere dei padroni.
Quindi d’ora in avanti le lotte che metteremo in piedi dovranno tener conto di questa nuova fase che ha come unico punto positivo su cui far leva, di fronte al tentativo di disgregare completamente il fronte dei lavoratori, quello dello smascheramento definitivo dei sindacati di regime: il re è nudo.
Dovremo con pazienza ricompattare il fronte dei lavoratori usando come leva la solidarietà, alzarne il morale fatto a pezzi dagli ascari del regime e dei padroni, costruire dal basso l’autogestione delle lotte per arrivare poi all’autogestione della società.