Essere precari della scuola era, fino alle misure di contenimento delle spese imposte dalla legge n. 133 del 2008, una condizione sicuramente disagiata, ma vissuta con la serenità derivante da una relativa certezza sulla futura stabilizzazione sia per i docenti in possesso di abilitazione che per il personale ATA. L’inserimento di questi precari all’interno di graduatorie definite “ad esaurimento” garantiva di fatto l’assunzione a tempo indeterminato mediante il meccanismo dello scorrimento che, pur con un ritmo spesso fastidiosamente lento, costituiva una prassi consolidata e quindi tollerata da tutti con un certo spirito di adattamento e con una discreta dose di pazienza. Così molti lavoratori precari della scuola hanno trascorso mesi, anni, qualcuno anche decenni, all’interno delle graduatorie, in attesa del tanto auspicato evento, con pacifica rassegnazione nei confronti di uno Stato ben poco solerte verso di loro. Del resto per lo Stato, mantenere un cospicuo numero di lavoratori, pur necessari e indispensabili, nel limbo del precariato, costituisce un evidente e significativo risparmio per le sue casse: di questi lavoratori viene cioè sfruttata la professionalità, evitando al contempo di riconoscere loro alcuni fondamentali diritti, come il diritto alla maturazione dell’anzianità di servizio, a percepire uno stipendio anche al termine delle attività didattiche, al pagamento completo dell’indennità di malattia; al TFR calcolato su 10 anziché su 12 mesi.Oggi, dopo che negli anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011 sono stati tagliati più di 67.000 posti di lavoro per i docenti e 35.000 per gli ATA, ci rendiamo drammaticamente conto che le legittime aspettative dei precari sono destinate a rimanere disattese. Del resto il numero dei posti tagliati è destinato ad aumentare, man mano che la riforma entrerà a regime sull’intero quinquennio, provocando un danno irreversibile e non quantificabile sia per la qualità dell’istruzione, sia per l’emergenza sociale derivante da un così drastico licenziamento di massa.E mentre la scuola pubblica è messa in ginocchio dagli interventi controriformistici della Gelmini, a trarre profitto da questa situazione è il settore privato dell’istruzione: le scuole private che, grazie alla parificazione (stabilita dalla legge 62/2000, bellissimo regalo che esse hanno ricevuto da un governo di centro sinistra), hanno sfruttato per anni e continueranno a sfruttare oramai senza limiti la disperazione dei lavoratori. Un considerevole numero di precari infatti, al fine di avanzare nelle graduatorie in cui è inserito, è stato costretto ed è tuttora costretto, in taluni casi, a svolgere la sua attività gratuitamente, pur di ottenere il certificato di prestato servizio e quindi i 12 punti annuali. È stato e viene tuttora gravemente violato il nesso di reciprocità per cui ad ogni prestazione deve corrispondere un giusto salario. Sono tantissimi, infatti, i casi in cui il versamento dello stipendio dei docenti delle scuole private è un’operazione meramente fittizia.Non di meno, i precari della scuola pubblica sono una categoria di lavoratori discriminata perché, pur svolgendo le stesse attività dei colleghi con contratto a tempo indeterminato non gode degli stessi diritti. Il precario oltre a non percepire stipendio nei mesi estivi, non può usufruire degli stessi permessi di cui gode un collega con contratto a tempo indeterminato; non può candidarsi per svolgere il ruolo di RSU; non può richiedere un prestito INPDAP e non ha diritto agli scatti di anzianità. Il lavoratore precario, dissimulando spesso i propri sentimenti e la propria insofferenza, ha accettato per anni queste pesanti lesioni alla propria dignità e ai propri diritti, convinto che prima o poi sarebbe giunta la fine di questa scomoda condizione transitoria, detta anche, dai colleghi più inclini a tendenze nonnistiche proprie dell’ambiente militare, la ‘gavetta’. Ma la ‘resistenza passiva’ in attesa dell’immissione in ruolo non ha sortito gli effetti auspicati. Dopo anni di paziente silenzio nei confronti della controparte, entrano in scena i tagli dell’attuale governo e i sogni dei precari di ottenere un contratto a tempo indeterminato si dissolvono definitivamente.Riteniamo opportuno sottolineare a questo punto che a pagare il peso dell’assenza dei precari estromessi dalla scuola, saranno, insieme ovviamente agli studenti, anche insegnanti ed ATA che hanno un contratto a tempo indeterminato, i quali, al termine della mattanza che è ora in atto, si troveranno ad operare in una scuola sempre più dequalificata e con personale sempre più precarizzato, anche se con contratto a tempo indeterminato. Infatti gli espedienti che hanno reso possibile fino ad ora l’eliminazione di decine di migliaia di posti di lavoro sono sostanzialmente due. Il primo è l’aumento del numero degli alunni nelle classi che, oltre ad accrescere i rischi per la sicurezza e l’incolumità sul posto di lavoro, rende la didattica faticosa ed inefficace, favorendo molto spesso l’abbandono scolastico. Il secondo espediente è costituito dagli interventi di riordino delle scuole di ogni ordine e grado, che hanno determinato la riduzione del tempo scuola con effetti deprecabili che vanno dall’abolizione del modulo alle scuole elementari, con la conseguente imposizione della figura del tuttologo maestro prevalente, al bislacco e tuttora incomprensibile accorpamento di discipline differenti come la storia e la geografia nei bienni delle scuole medie superiori, passando attraverso la sensibilissima riduzione delle attività laboratoriali, solo per ricordare i casi più clamorosi.Appare evidente che nessun lavoratore della scuola, anche se “di ruolo”, possa ritenersi gratificato da provvedimenti di tale genere. Tanto meno gli studenti. Dobbiamo inoltre aggiungere che, per accrescere il taglio di posti di lavoro, sta per essere messo in pratica uno strumento ancora più temibile, ovvero la revisione delle classi di concorso. Desta indignazione la consapevolezza che un argomento così importante e delicato venga associato esclusivamente ad una logica finanziaria, dettata dall’esigenza di operare tagli al personale. La revisione delle classi di concorso, effettuata esclusivamente con questa logica, determina delle conseguenze inaccettabili da diversi punti di vista.Innanzitutto essa risulta dequalificante per il personale di ruolo. Infatti anche lì dove si riesce a rimanere all’interno dello stesso istituto, grazie all’applicazione della clausola di salvaguardia della titolarità, spesso il docente finisce ad insegnare materie del proprio ambito disciplinare in indirizzi di studi diversi da quelli in cui è abituato a lavorare, con finalità e metodologie diverse, o addirittura materie dello stesso ambito disciplinare in istituti in cui prima del riordino delle superiori non era previsto che potesse insegnare, sottraendo di conseguenza possibilità lavorative a chi è professionalmente più qualificato, come i precari che hanno conseguito l’abilitazione in quelle specifiche discipline e prestato servizio specifico per più anni in quegli indirizzi di studio. In tal modo chi è specializzato viene scartato e chi è in esubero viene costretto ad una flessibilità nell’esercizio delle proprie competenze che i docenti più responsabili non potranno non associare ad un’idea di pressappochismo. La conseguenza più grave di tale modus operandi è quindi la dequalificazione del personale docente, insieme alla sua precarizzazione, che in vari casi potrà concretizzarsi con la perdita della titolarità. Il nomadismo del personale della scuola metterà in discussione la concezione organicistica dell’istituzione scolastica per cui ogni parte è funzionale alla stabilità e al corretto funzionamento del tutto e, se si colpisce una parte, l’intero organismo sarà destinato ad un processo di deterioramento. Senza stabilità del corpo docente sarà di fatto impossibile l’elaborazione di percorsi didattici pensati su più anni. I dirigenti scolastici non avranno più la possibilità di garantire agli studenti la continuità didattica. I Consigli di classe saranno condannati alla disomogeneità e non saranno in grado di elaborare saperi trasversali e percorsi interdisciplinari. Cosa hanno fatto i sindacati concertativi per evitare che i lavoratori precari venissero progressivamente inghiottiti all’interno del meccanismo diabolico che è stato da anni messo in moto e che ha poi raggiunto una deriva apocalittica con il loro licenziamento previsto scelleratamente all’interno di un piano triennale di risparmio, che altro non è se non l’inaccettabile esasperazione di una storia di ingiustizia e sfruttamento che ha radici molto profonde?Detti sindacati, oltre a non aver denunciato le falle del sistema di reclutamento italiano con i suoi tempi biblici per l’assorbimento del precariato, hanno di fatto avallato che per decenni lo Stato favorisse lo sfruttamento e la discriminazione dei lavoratori. Hanno così fatto in modo a nostro giudizio non senza cinismo, che i precari della scuola si abituassero a pensare che la controparte fossero i compagni di graduatoria, i quali minacciavano di acquisire posizioni più vantaggiose rispetto a loro o i precari non abilitati che a gran voce e legittimamente rivendicavano l’attivazione di nuovi percorsi abilitanti. Sono state incentivate per anni guerre tra poveri. Anche ora, nell’era del licenziamento di massa, nel momento in cui bisognerebbe fare fronte comune, di queste scellerate battaglie se ne continuano a combattere molte: sostenitori dell’inserimento in coda contro rivendicatori dell’inserimento a pettine, inclusi nel “salva precari” contro esclusi dal “salva precari”, aspiranti all’accesso diretto al TFA (tirocinio formativo attivo) contro soggetti che si oppongono e così via.Per porre un freno a queste ‘armi di distrazione di massa’ e per far sì che si affrontasse seriamente la tragica situazione in cui i docenti precari versano, qualche ‘lavoratore sfruttato e disperato’, nel mese di agosto, ha iniziato lo sciopero della fame. Il sindacato Unicobas ha sostenuto le iniziative di lotta e ha voluto essere parte attiva del movimento in difesa della scuola pubblica che si è creato a partire da forme di protesta individuali, convinto del fatto che a questo punto non può più essere rimandata la costruzione di un fronte che sia, pur nelle sue differenti provenienze, determinato ed unitario. Con questo spirito ha partecipato alla lotta prodotta finora e con lo stesso spirito non si sottrarrà dagli impegni presi al fine di ottenere risultati concreti, congiuntamente alle altre forze sindacali che ne manifestino una reale intenzione.Nella convinzione che la battaglia in favore dei precari della scuola si salda necessariamente a quella contro il progetto di distruzione della scuola pubblica messa in atto dal Governo, l’UNICOBAS ritiene che, per risolvere il problema del precariato, si debba necessariamente passare attraverso le seguenti tappe: 1) il ritiro dei tagli;2) l’assunzione immediata dei precari su tutti i posti vacanti;3) il ricorso alla dotazione organica aggiuntiva (organico funziondale di istituto) per creare nuovi posti di lavoro (e, ancor prima, per riqualificare la scuola pubblica e garantire la continuità didattica);4) la conseguente creazione di un piano di assunzioni per esaurire in tempi rapidi le graduatorie attualmente esistenti;5) il blocco dei vari trucchi relativi all’accorpamento delle classi di concorso e una riflessione seria sulle medesime;6) la riflessione sui nuovi percorsi abilitanti da attivare in favore dei precari non abilitati e che prevedano comunque il superamento di prove concorsuali per esami e titoli;7) l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza con il compito di determinare gli standard professionali dei docenti e di definire i criteri del reclutamento e della formazione iniziale e in itinere. RECLUTAMENTO E FORMAZIONE INIZIALE a) LAUREA ABILITANTE per accedere all’insegnamento in ogni ordine e grado di scuola.Durante gli ultimi due anni di studio deve essere previsto un corso a carattere pedagogico-didattico parallelo a quello accademico, con un anno di tirocinio pratico nella scuola ed esami specifici, mirati anche alla metodologia generale e della singo-la disciplina, e tesi finale ad indirizzo didattico. I titoli specifici conseguiti per l’insegnamento nei vari ordini e gradi di scuola, dovranno venire valutati (ad es: vd. titolo Montessori). b) Abolizione dei concorsi per esami e, nella fase transitoria, graduatorie uniche provinciali permanenti a scorrimento alle quali si potrà accedere nell’immediato con almeno 180 gg. di servizio cumulati ed al cui interno dare valore ai concorsi superati ed ai titoli culturali.Con il nuovo meccanismo l’accesso sarà garantito, senza limiti di età, al momento del conseguimento della laurea abilitante: i titoli culturali aggiuntivi ed il servizio eventualmente svolto, insieme all’anzianità di permanenza in graduatoria, garantiranno l’acquisizione di punteggio. c) Nella fase transitoria, istituzione di corsi abilitanti (o per il conseguimento della idoneità), con tirocinio pratico, senza limiti di età, riservati a chi, pur avendo accumulato servizio è sprovvisto di abilitazione. Riapertura graduatorie incarichi e supplenze.Abolizione della normativa Moratti, relativa alle supplenze, sulle 30 scuole. Ripristino delle norme precedenti. Vincolo per le supplenze temporanee alla provincia di residenza. PRECARIATO DOCENTE ED ATA Per tutto il personale, sia docente che ATA: a) totale perequazione normativa e salariale fra il personale di ruolo e quello precario (guarentigie su procedimenti disciplinari); b) sia ai fini della ricostruzione della carriera che pensionistici, riconoscimento di tutto il periodo pre-ruolo; c) ripristino della retribuzione estiva dopo 180 gg. di servizio (cumulabili nel corso dell’anno scolastico); d) diritto a fruire di giorni di malattia retribuiti a partire dall’inizio dell’anno scolastico, indipendentemente dal servizio precedentemente prestato (30 gg. di malattia per anno scolastico interamente retribuiti per i supplenti temporanei di ogni ordine e grado di scuola); e) diritto per gli incaricati annuali a fruire della piena retribuzione dei giorni di malattia, anche se alla prima nomina; f) ripristino della retribuzione del giorno di riposo settimanale, dopo la maturazione di 6 gg. lavorativi, come previsto dal diritto del lavoro; g) nella fase transitoria, precedente l’assunzione del persomale precario per l’istituzione della DOA di Istituto/Circolo, nomina dell’insegnante supplente per assenze oltre i 5 gg. nella secondaria e per assenze giornaliere nella primaria. h) Salario di anzianità anche per il personale precario, come avviene attualmente già per gli insegnanti di Religione Cattolica. 2e) PRECARIATO DOCENTE a) Creazione di corsi gratuiti polivalenti di specializzazione sul sostegno dei portatori di handicap, per i precari inseriti nel canale per titoli. Eliminazione dei corsi-farsa per la riconversione del personale di ruolo. Libero accesso per i precari ai corsi finalizzati all’insegnamento della lingua straniera nella Scuo-la Elementare, oggi riservati al personale di ruolo. 2f) PRECARIATO ATA a) Sostituzione dell’art. 7 della L. 426 e delle successive modificazioni dello stesso, con la conseguente possibilità di ottenere la retribuzione delle ferie natalizie e degli altri periodi di chiusura delle scuole; b) Validità, al fine del punteggio, del servizio prestato in altre Amministrazioni (Ministeri, Enti Locali, etc.).