La guerra sulla scuola al Senato alla battaglia finale. Il Governo presenterà il ‘MAXI-EMENDAMENTO’, ma poi, dovendo riaprire i termini per i sub-emendamenti – che però Renzi non vuole far discutere, come neppure i precedenti – calendarizzano in aula. In fin dei conti, faranno un po’ di manfrina in Commissione Istruzione ma poi il Presidente dirà che non c’è tempo per continuare il dibattito, E PORRANNO LA FIDUCIA.
In quanto alla CONFERENZA SULLA SCUOLA ? A testimonianza della serietà del Premier, solo …chiacchiere da ‘Porta a Porta’.
Per questo motivo il mondo della Scuola scenderà in piazza compatto, Giovedì 25, con un corteo che partirà da P.zza Bocca della Verità alle h. 17.00 per concludersi in P.zza Campo de’ Fiori, a due passi dal Senato. Presenti tutte le organizzazioni sindacali: Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals e Gilda insieme con Cobas e Unicobas sfileranno a Roma nelle vie del centro per accerchiare il Senato. Sarà il giorno della verità: chi ha a cuore il pluralismo, l’indipendenza, la coerenza con l’assetto costituzionale della Scuola Pubblica invaderà la città testimoniando direttamente la differenza (anche numerica) fra chi s’ostina voler privatizzare sapere e formazione pubblica consegnandola alla gestione autoritaria del dirigente scolastico e chi sinora ha consentito a questo Paese di svilupparsi, di acquisire una cultura critica e partecipativa, nonché un’identità democratica.
Ribadiamo le fortissime eccezioni di costituzionalità in merito al ddl-Scuola Renzi:
1. Palese disparità di trattamento sulla titolarità d’istituto tra docenti e personale ata, nonché rispetto al diritto alla permanenza sul posto di lavoro fra docenti e resto del pubblico impiego (violazione dell’obbligo della parità di trattamento nei confronti degli amministrati). Tutti hanno un posto fisso, anche chi è impiegato su di una linea di autobus, mentre con il ddl 2994 gli insegnanti verrebbero inseriti in un organico cd. ‘funzionale’ senza una scuola fissa, per coprire le assenze dei colleghi o per piccole supplenze. Questo vulnus, a regime, investirebbe tutti docenti, sia quanti andassero in esubero che quanti avessero necessità di trasferirsi. I più ‘fortunati’ avrebbero un incarico triennale. Su triennalità del nuovo tipo di ‘contratto’ ed ambiti territoriali, va anche sottolineato che, come stabilisce il codice civile: “ogni lavoratore ha diritto, superato un periodo di prova e salvo comprovate esigenze, a permanere nel suo luogo di lavoro”. Infine, l’apprendistato di 3 anni per i neo assunti, pensato solo per il ‘tappabuchismo’ spicciolo: costoro moriranno di ‘supplentite’ e saranno licenziabilissimi in questa fase (dopo essere stati assunti tramite un sistema pubblico, potrebbero quindi venire ‘liquidati’ secondo la la mera discrezionalità del dirigente), anche perché privi delle tutele dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
2. Intervenire per legge, come questo ddl si propone per molti istituti economici, normativi e di stato giuridico, in sostanza come ente datoriale (‘inaudita altera parte’), significa anche violare unilateralmente, contro ogni norma del diritto del lavoro, il contratto nazionale e tutte le norme poste costituzionalmente a garanzia della funzione docente in ordine alla salvaguardia della libertà di insegnamento. Inoltre quest’operazione è volta esplicitamente non solo a disapplicare il contratto vigente, bensì a spostare sul terreno della ‘riserva di legge’ istituti di natura tipicamente contrattuale, come l’orario di lavoro (incrementato, ad es., con la banca delle ore), le ferie, la retribuzione (premiale), lo stato giuridico. Il finanziamento ‘vero’ dell’operazione è poi davvero risibile, dal momento che ne ‘La Buona Scuola’ si dichiara tranquillamente che le risorse dovranno essere trovate ‘altrove’ (da ‘sponsor’ & affini), e si conferma ingenuamente che lo stanziamento in valuta ‘fresca’, pari a 126 milioni, è di gran lunga inferiore al valore complessivo già estorto alle famiglie con il cd. ‘contributo volontario’, che diviene così strutturale. Che dire, infine dei proclami altisonanti? Per quella che viene pomposamente definita ‘formazione permanente’ dei docenti arrivano solo 40 milioni, pari a 52 euro pro-capite.
3. Valutazione impropria della funzione docente da parte di chi non ne ha le competenze: a) genitori ed alunni nel Comitato di valutazione. Tralasciando l’evidente conflitto d’interessi è come se ai medici venisse imposto di scrivere anamnesi e terapie dietro dettatura dei pazienti. Stessa cosa per il POF (piano dell’offerta formativa), ‘delineato’ dal dirigente ed approvato dal Consiglio d’Istituto cancellando di fatto l’organo professionalmente preposto, che è il Collegio dei Docenti. Complessivamente, verrebbe realizzata una’strategia’ valutativa inaudita, assolutamente diseducativa e destrutturante dell’autorevolezza dell’istituzione scuola, mai invalsa in sistemi formativi di pregio;
b) un dirigente scolastico, mai formato all’uopo (neanche sotto l’aspetto ‘tecnico’, poiché dovrebbe allora avere competenze quantomeno interdisciplinari certificate anche in campo metodologico didattico e su tutte le singole materie), che comunque non potrà mai avere una posizione di terzietà, essendo interno alle dinamiche di gruppo presenti nell’istituto, cosa esclusa ‘ab origine’ da qualsiasi manuale del primo anno di psicologia; c) assenza assoluta si qualsiasi criterio di riferimento o bilanciamento dei poteri. Ricordiamo in proposito, ai cd. fautori del ‘nuovismo’ di Renzi, che la nota di qualifica funzionale venne introdotta in Italia dal fascismo: Mussolini chiedeva ai presidi dell’epoca di segnalare coloro i quali non fossero in linea col regime, ma sempre grazie alla stessa nota, eliminata nel 1974 dai DPR 416 e 417, abbiamo tutt’ora (nei meandri dei vecchi provveditorati) una preziosa letteratura sull’uso fantasioso fatto proprio dall’ala ‘creativa’ di quei presidi, che ancora nella prima metà degli anni ’70 del Novecento riferivano della riprovevole usanza di talune insegnanti che indossavano ‘gonne che non coprivano il ginocchio’.
Stefano d’Errico (Segretario nazionale)