La scuola pubblica, è ormai un dato di fatto, vive in perenne stato d’emergenza.
Emergenza precari, che passano di anno in anno e da una promessa governativa a un’altra (è di
questi giorni l’ultima da parte del ministro Carrozza), senza mai vedere la fine del loro tunnel;
l’estrema gravità della situazione dell’edilizia scolastica, per cui (tanto per citare un dato) metà
degli edifici è privo di certificazione di agibilità e, addirittura, il 70% non possiede quello di
prevenzione incendi; l’emergenza “classi pollaio” che nasce dal fatto che negli ultimi 5 anni a
fronte di un incremento di 90mila alunni siano stati tagliati quasi altrettanti docenti e 43mila Ata; e
ancora altre situazioni drammatiche quali meno tempo scuola, le scarse opportunità di formazione
dei docenti, il taglio delle attività extrascolastiche, la discriminazione nei servizi di refezione,
l’offerta insufficiente di servizi per la prima infanzia ecc…
Da qualche anno si è aggiunta alle altre anche l’emergenza pagamento degli stipendi per i lavoratori
della scuola (e come al solito nel silenzio generale dell’opinione pubblica ed un certo torpore da
parte dei diretti interessati).
Per ottenere ciò che già era nostro di diritto e ci era stato sottratto per volere governativo (lo scatto
stipendiale 2011), lo scorso anno abbiamo dovuto cedere parte del FIS per un accordo-truffa siglato
dai sindacati di stato, cioè quote consistenti di retribuzione accessoria contrattualmente prevista.
Un vero e proprio processo di autocannibalizzazione al quale è stata costretta la categoria in seguito
alle dissennate scelte di tagli e risparmi forzati portati avanti da quasi un ventennio dalle diverse
compagini governative, con l’avallo delle principali organizzazioni sindacali.
Quelle stesse organizzazioni che, dopo l’incontro avvenuto il 3 settembre al MIUR, durante il quale
è stato ribadito che ci sarà appena un modesto incremento delle risorse destinate al funzionamento
delle scuole e solo per alcune voci particolari che non riguardano tutti, progettano di chiedere anche
quest’anno che i risparmi di sistema vengano utilizzati per pagare gli scatti stipendiali e siccome già
si sa che non saranno sufficienti, l’idea è appunto quella di tagliare anche questa volta le già esigue
risorse destinate al fondo di istituto.
Per di più occorre tener presente che alcune voci non potranno essere eliminate del tutto (ad
esempio i compensi per i collaboratori del ds o quelli per le ore eccedenti o per il lavoro festivo e
notturno). È evidente, quindi, che il taglio verrà effettuato sul resto.
È allora necessario che docenti e Ata prestino particolare attenzione agli incarichi assunti per
non trovarsi di fronte ad un fondo di istituto pressoché azzerato e meditino se vale veramente la
- svolgere attività professionali aggiuntive col rischio che possano essere a titolo gratuito o,
comunque, in cambio di un corrispettivo economico forfettario offensivo per la sua esiguità.
Contemporaneamente spetta proprio a chi lavora nella scuola e a quelle organizzazioni sindacali
che non hanno mai accettato lo scempio perpetrato ai danni dell’istruzione pubblica (ma anche agli
studenti e alle loro famiglie) il compito di invertire decisamente la rotta rispetto alla stagione dei
tagli degli investimenti per l’istruzione – l’Italia spende, ormai, per la scuola il 4,7% del Pil rispetto
al 6,3% della media Ocse – e rimettere concretamente la scuola al centro del dibattito politico e
dell’informazione.
Per l’Esecutivo Nazionale
Stefano Lonzar