Questi i propositi dichiarati:1) potenziare il diritto allo studio per incentivare il merito;2) combattere gli abbandoni;3) ridare valore ai titoli di studio;4) lavorare per una maggiore integrazione tra comunità di docenti e comunità di studenti.Ma alla luce del suo curriculum politico, nonché delle dichiarazioni rese in queste ore, fuor di demagogia, la linea è ben diversa.
Ovvero: 1) eliminare la libertà d’insegnamento e d’apprendimento tramite ‘valutazioni’ discrezionali d’autorità ed una gestione privatistica della scuola incardinata sulla figura del ‘dirigente’, sulle intromissioni del capitale privato (inteso come committenza), sul collegamento ai risultati dei vergognosi test Invalsi, senza investimenti per potenziare tempo pieno, mense, trasporti o per contenere tasse e costo dei testi. Di contro, come i suoi predecessori, neppure la Giannini s’è accorta che con 8/9 anni siamo all’ultimo posto nel continente per offerta formativa obbligatoria (10/11 la media UE) e che quotidianamente viene violato il diritto allo studio dividendo le classi a causa della riduzione degli stanziamenti per la sostituzione degli assenti (con decine di migliaia di precari cacciati dalla scuola); 2) eliminare del tutto i ‘gradoni’, dopo che sono stati ‘congelati’ e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) rubando il necessario dal fondo di istituto, ormai privo di risorse per progetti, funzioni strumentali, straordinari ata ed ore aggiuntive di didattica, ovvero di tutto ciò che serve contro abbandono e mortalità scolastica; 3) eliminarli nonostante il blocco dei contratti e la discesa degli stipendi all’ultimo posto UE (anche sotto la Grecia) e dopo che gli scatti biennali, dal 1995, sono stati trasformati in 6 ‘gradoni’: il primo di 3 anni, i successivi tre di 6 anni e gli ultimi due di 7. Un ‘raffreddamento’ degli automatismi tale che, viceversa, se li avessimo conservati, pur senza rinnovo contrattuale alcuno, avremmo oggi una retribuzione molto più alta. S’è detto che con quegli aumenti d’anzianità (che invece hanno conservato i docenti universitari, i magistrati ed i militari di carriera) ‘sarebbero andati avanti tutti, anche i cialtroni’. Però persino la Svizzera, paese liberista per eccellenza, che non prevede premi d’anzianità per nessuno, li conserva SOLO per gli insegnanti (e sono annuali), perché in tutto il mondo si sa bene che ad insegnare si impara soprattutto insegnando; 4) lasciare docenti ed ata a vita con lo stipendio base, dopo che dal 1995 non possiamo, per legge, avere ‘aumenti’ superiori all’inflazione programmata dal Ministro dell’economia pro-tempore (vale a dire dal nostro datore di lavoro). Così i docenti, già ultimi all’epoca per retribuzioni nella UE, hanno visto congelarsi la loro posizione. Inutile quindi, dal contratto del 1995 (che, grazie alla firma di CGIL, CISL, UIL, ha sancito l’acquisizione dei dettami del Dlvo 29/93), parlare di ‘contrattazione’: per lo specifico scuola non possono più esistere ‘aumenti’ pensionabili degni di tal nome. Solo mance legate a presunti ‘meriti’ mai stabiliti; 4) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investire meno di chiunque nella percentuale del PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura e induce da anni evasione e mortalità (le più alte) addirittura nelle zone più ricche del Paese (e non più nel meridione); 5) realizzare l’ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto ‘inevaso’: eliminare il valore legale del titolo di studio, così che un laureato possa venire retribuito come se non avesse neppure la licenza elementare; 6) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal ‘dirigente’ e non più da un genitore; assumere il personale per chiamata diretta e ‘valutarlo’ discrezionalmente tramite il dirigente scolastico, come nelle scuole private; 7) continuare a dilapidare (contro il dettato costituzionale) fondi pubblici in diplomifici privati che – come abbiamo dimostrato con un preciso dossier già inviato al precedente Ministro – almeno nella metà del Paese, neppure retribuiscono il personale, garantendo solo quel punteggio che consente ai più dequalificati il superamento di quanti hanno insegnato nel rispetto delle graduatorie pubbliche e con titoli adeguati (grazie anche ad una legge di ‘parità’ – approvata da Berlinguer – che valuta i due tipi di servizio come avessero analogo credito); ridurre i Licei a 4 anni, eliminare filosofia e storia dell’arte, continuando nell’opera di demolizione sistematica dei saperi e della qualità dell’istruzione cominciata con la ‘berluscuola’ (‘maestro prevalente’ e demolizione dell’unitarietà didattica del tempo pieno, taglio delle ore di storia, geografia, lettere, Liceo Scientifico senza il latino…).
Per questi documentati motivi l’Unicobas conferma sino al 22 Marzo lo sciopero per l’astensione dalle attività aggiuntive e dai progetti, la sospensione dagli incarichi, nonché delle sostituzioni e dalle funzioni strumentali, per i docenti ed il blocco degli straordinari e delle attività legate alle ‘seconde posizioni economiche’ del personale ata (personale che, peraltro è stato scippato delle retribuzioni relative). D’ora in poi la chiameremo ‘Gialmini’.
Stefano d’Errico (Segretario nazionale)