di Stefano d’Errico
In Italia le regole sulla «rappresentanza sindacale» sono antidemocratiche (un unicum nella Ue). Le elezioni Rsu sono congegnate per cancellare le organizzazioni non concertative: invece di due consultazioni elettorali, una di singolo posto di lavoro e un’altra su lista nazionale, la «maggiore» rappresentatività si fa sommando i voti raccolti presentando le liste nelle singole unità produttive. E raggiungerle diventa proibitivo per chi, come l’Unicobas Scuola, non ha neanche un’ora di permesso sindacale a fronte dei 2 mila distaccati di Cgil, Cisl, Uil & C. Riusciamo ad eleggere Rsu, ma i soliti sindacati siglano contratti che ci vietano di consultare i lavoratori, nonostante lo Statuto dei lavoratori affermi per le rappresentanze la facoltà di indire assemblee «congiuntamente o disgiuntamente», idem dicasi per il primo accordo nazionale quadro sulla costituzione delle Rsu e nonostante tale diritto sia stato confermato da 20 sentenze in Italia. Altro che stato di diritto! È un mix di fascismo e stalinismo, voluto dai sindacati firmatari di contratti indecenti che solo così conservano il monopolio della rappresentanza sulla pelle dei lavoratori. Non contenti si sono inventati anche la media del 5% fra voti presi e quota sul totale dei sindacalizzati. Così, controllando una minoranza della categoria (quel terzo che è sindacalizzato, del quale Cgil, Cisl, Uil & C. possiedono il 10%), rimarrebbero «rappresentativi» per legge anche a voti zero! Noi dobbiamo invece giocare una partita truccata, per ottenere almeno l’8% su quel 70% di lavoratori che vanno a votare! Infine, anche se raggiungiamo il quorum del 5% in una regione o provincia, non ci convocano neppure alle trattative decentrate. È come se i partiti che non siedono in parlamento non potessero essere presenti nei consigli regionali, provinciali, comunali o di municipio, né fare campagna elettorale!
Come ovviare a una vergogna del genere? Con una campagna per una nuova legge sulla rappresentanza sindacale, sostenuta da una manifestazione comune, internazionalista, anche a Bruxelles, e per l’abrogazione di quella vigente: una proposta di lavoro rivolta alle organizzazioni di base. Una campagna che coinvolga anche il privato, cancellando le norme sulla «esigibilità» che impongono l’accettazione del contratto vigente anche per poter presentare una lista Rsu o quelle che consegnano solo alle OOSS, introdotte nel Cnel per nomina politica, il monopolio delle deleghe dei pensionati. Una legge che preveda elezioni nazionali e ai vari livelli della contrattazione (anche regionali e provinciali), di modo che si possa votare qualsiasi lista in ogni posto di lavoro. La casta dei padroni delle deleghe va contestata in ogni loro assemblea sindacale; in campagna elettorale i lavoratori devono astenersi dal voto dove non ci sono liste alternative e revocare l’iscrizione ai monopolisti, azzerandone il vantaggio di quasi un trentennio di rappresentanza illegittima. Cgil & C. hanno imposto e ottenuto da governi compiacenti questa legge sulla «rappresentanza sindacale» perché temono il sindacalismo alternativo. Ma non sono mai riusciti a cancellarci. Abbiamo colto ugualmente successi esemplari: varie affermazioni al tempo delle elezioni per il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e dei Consigli scolastici provinciali (eliminati dopo che, con i Cobas, cacciammo Berlinguer), o come quando l’Unicobas vinse le elezioni per l’Ente nazionale di assistenza magistrale di Roma. Successi ottenuti perché avevamo le assemblee e si poteva votare la nostra lista in ogni scuola!
Stefano d’Errico (Segretario Nazionale Unicobas)