Cib Unicobas

sito della confederazione italiana di base CIB Unicobas, sindacato di base, libertario ed autogestionario

Lettera aperta ai lavoratori e al movimento del NO

La vittoria del NO al referendum costituzionale è stata il segno evidente di una ribellione contro i tradimenti che da almeno trent’anni vengono perpetrati ai danni di cittadini e lavoratori: tradimenti operati contro la libertà, contro i diritti ed anche contro gli esiti delle consultazioni democratiche, come sta ad evidenziare la vicenda del referendum sull’acqua.
Questi tradimenti altro non sono se non chiare scelte politiche operate dai vari governi che si sono succeduti, comunemente caratterizzati da un indirizzo liberista e da operazioni di macelleria sociale che hanno determinato misure deleterie sull’istruzione, sui salari, sul diritto alla sanità, alla casa, alla libera circolazione delle persone; scelte sostenute da politiche di guerra, di privatizzazione, di razzismo.


Contro queste politiche la Carta costituzionale, da sola, non può esercitare tutele; occorre una “costituzione materiale” che esprima rapporti di forza capaci di impedire, attraverso il rilancio di una significativa stagione di lotte, ulteriori svolte autoritarie. È alla costruzione di questa presenza nel Paese che da anni lavoriamo come sindacato di base, è alla costruzione di questo “nuovo radicalismo” che dobbiamo mirare, proseguendo la nostra pratica sindacale, ma anche collegandoci all’insofferenza sociale che ha dato vita al No, alla coscienza istintiva che ha voluto esprimere la ripulsa contro le politiche liberiste, contro il primato del mercato, della speculazione, del busines sulla cosa pubblica, dell’eliminazione delle protezioni e dei diritti del lavoro, dei diktat della Troika.
Sta di fatto che, se vogliamo dare un senso alla vittoria del ‘No’, dobbiamo ripercorrere a ritroso almeno gli ultimi 30 anni, perché non c’è nulla da salvare: non le politiche sociali, del lavoro e sull’istruzione; non quelle sui diritti; men che meno la politica internazionale e sui migranti (al ‘carro’ della UE).
Se è vero che non c’è nulla da salvare, altrettanto vero deve essere lo sforzo per ricostruire ciò che è stato distrutto (in primis l’entusiasmo), con un programma serio e privo di compromessi, immediatamente capace di indicare senza ambiguità un novero esaustivo di vergogne da abrogare.
Eppure la definizione delle linee-guida per l’azione del ‘dopo-Referendum’ dei Comitati del ‘No’ (dettata dal Comitato Nazionale) sembra invece fermarsi all’impegno sulla mera legge elettorale. Una riduzione drastica dell’azione dei Comitati. Un ‘minimalismo’ che sottende ad una ben diversa politica del ‘No’. Il Comitato Nazionale pare aver scelto la strada del No a precisi impegni politici di sostanza. No alla ripresa/riapertura di una campagna referendaria contro la L. 107. No ad una campagna, qui ed ora, per l’abrogazione della legge sulla ‘rappresentanza sindacale’. No, soprattutto, all’elemento decisivo: No alla creazione di un articolato programma destruens, senza il quale non può esserci pars costruens che provi ad includere chi non ha rappresentanza e che proponga davvero una ‘agenda’ per il Movimento del No. Un Movimento che non si limita ai Comitati, né ai partiti che vi sono (aleatoriamente) ‘egemoni’.
In tutto ciò si dimentica:
a) il peso determinante del grande ‘No Sociale’ alla generale politica renziana e dell’Unione Europea, nell’ambito di una vittoria così ampia (che va anche oltre il ruolo del Coordinamento del No Sociale). Un Movimento, quello del ‘No Sociale’, sul quale non s’è ancora riflettuto abbastanza, che ha quindi prima di tutto bisogno di capire (e di capirsi) per poter elaborare un percorso chiaro capace di fornire quell’identità (plurale) utile a costruire la necessaria unità, forza ed egemonia: tutto tranne l’omologazione alla questione elettorale, alla campagna elettorale, ai giochi della casta e dell’usuale teatrino della politica di bottega. Peraltro, quel voto plebiscitario ha avuto ben poco a che fare con la legge elettorale, tanto quanto i soli tecnicismi dei costituzionalisti (utili, ma non certo determinanti);
b) la necessità di dare un senso, oltre che all’impegno del sindacalismo di base, ai nuovi soggetti sociali, alle aggregazioni ‘irregolari’, a quanti sono fuori dalla politica del ‘Palazzo’ e non solo ad una continua rincorsa dietro la Cgil. Chiariamo: una rincorsa che non sta nel comprensibile impegno nella campagna referendaria contro il Jobs Act, bensì nella conventio ad excludendum contro la costruzione di un progetto e nel veto contro la denuncia del monopolio della rappresentanza sindacale, quasi che la democrazia sui posti di lavoro (ed in primis il diritto di assemblea) non avesse una prioritaria rilevanza costituzionale ! Quasi non fosse stato strategico, per la controparte, l’eliminazione di fatto del sindacalismo più conflittuale e d’ogni ‘inciampo’ sulla strada del neo-liberismo. Bisogna capire che l’Unicobas (come tutto il sindacalismo di base), iscritto per iscritto, Rsu per Rsu, lavoratore per lavoratore, questa discriminazione la vive quotidianamente sulla propria pelle, e se era giusto lavorare in un fronte comune con l’obiettivo comune del ‘No’, non può esserlo oggi se l’obiettivo ‘comune’ che ci si propone è solo una battaglia per il proporzionale (et similia).
La vittoria del No non ci basta. Il segnale che il Paese ha lanciato va raccolto in tutta la sua potenzialità, con un programma serio, radicale e privo di compromessi.
Non basta neppure limitarsi a proporre l’eliminazione delle vergogne più evidenti prodotte dal solo governo Renzi – Buona Scuola, Jobs Act, Riforma della Pubblica amministrazione, Sblocca Italia – e lasciare in piedi altre più ‘antiche'(e ‘propedeutiche’) vergogne.
Tantomeno può bastare sacrificare il potenziale di opposizione sociale che la campagna per il No ha evidenziato limitandolo al terreno della ridefinizione della legge elettorale.
Il Movimento del No non può essere monopolizzato dalle posizioni di chi vuole un proporzionale secco, né di chi si accontenta di un proporzionale corretto, oppure di quanti cercano di creare una nuova forza politica. Il segnale lanciato dal Paese non può essere strumentalmente convogliato sulla prossima campagna elettorale, sul calcolo dei seggi raggiungibili, sulle esigenze dei partiti di riferimento, di quelli esistenti e di quelli in costruzione.
Il No sociale è stato una manifestazione potente di protesta e di ribellione a cui da una parte si è risposto con lo sberleffo di un Governo fotocopia occupato solo a mantenere l’esistente, confermare l’opera di Renzi, foraggiare le banche e ridisegnare una legge elettorale ad usum Delphini, utile a cercare di garantire gli equilibri politici della futura legislatura.
Dall’altra parte il Comitato Nazionale che ha coordinato la campagna referendaria non può frenare le rivendicazioni fondamentali che hanno generato quel malcontento e quella espressione per privilegiare la questione elettorale e la politica di bottega.
Deve essere chiaro che la massiccia espressione del No sociale ha fatto emergere una protesta che è potuta crescere, in questi anni, solo grazie all’azione continua di quelle forze – sindacalismo di base, nuovi soggetti sociali, organizzazioni non istituzionali e “irregolari” – che, fuori dalla politica del Palazzo e spesso indicate come fomentatrici di ‘disordine’, hanno dato vita a lotte significative nelle piazze, nei territori, sui luoghi di lavoro.
L’opposizione sociale emersa anche con il No non è certo stata costruita dai sindacati concertativi che hanno concordato fino dal 1978, con la svolta dell’EUR, la politica dei sacrifici, derubando progressivamente i lavoratori di salario, sicurezza, democrazia, diritti, togliendo loro persino il diritto di assemblea, riservandosi pensioni privilegiate ed il passaggio ad alte cariche dell’amministrazione.
L’opposizione sociale è stata costruita da chi, come l’Unicobas, si è opposto alle politiche di scempio degli ultimi trent’anni e alle politiche concertative dei sindacati di stato, da chi ha resistito alle discriminazioni e alle marginalizzazioni, lavorando per far crescere la resistenza, la solidarietà, per combattere la paura e le intimidazioni con cui si volevano piegare i lavoratori.
L’opposizione sociale così costruita non può certo arenarsi in una battaglia per il proporzionale.
Noi, in quanto sindacato, non abbiamo nessun interesse elettorale diretto e giudicheremo le forze politiche da quanto si proporranno di fare (e soprattutto da quanto faranno), però crediamo che anche alle forze politiche (ed ancor più ai Comitati) gioverebbe il massimo della chiarezza e (finalmente) della radicalità, nonché una maggior condivisione, vista la scarsa lungimiranza che le ha contraddistinte negli ultimi 30 anni.
Per questo l’Unicobas rilancia su obiettivi concreti di mobilitazione sociale, facendo appello a tutti coloro che hanno a cuore la volontà di un reale cambiamento.
Questi gli obiettivi di carattere sindacale, coerentemente con quello che è il terreno specifico del nostro intervento:
• L’abolizione completa della L. 107/2015, impropriamente chiamata “La Buona Scuola”;
• L’abrogazione della legge sulla rappresentanza sindacale del 1997 per il settore pubblico che impedisce elezioni democratiche su lista nazionale, negando persino il diritto di assemblea in orario di servizio al sindacalismo di base, nonché del Testo Unico sulle Rappresentanze Sindacali Unitarie, che, per ora nel settore privato, ha sottratto libertà di partecipazione ai processi decisionali e di contrattazione e rappresentatività alle minoranze sindacali;
• L’abolizione del Jobs Act e il ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori;
• L’abolizione della legge ‘Sblocca Italia’;
• Il ritiro dell’incostituzionale controriforma della Pubblica Amministrazione;
• L’eliminazione del pareggio di bilancio dalla Costituzione;
• L’eliminazione della vergognosa legge Fornero;
• La devoluzione del 6% del PIL all’istruzione.
Più in generale, l’Unicobas sostiene le lotte e le mobilitazione solidali contro le politiche razziste, le politiche di guerra, le politiche di scempio e devastazione dei territori, a fianco di coloro che intendono contrastare gli indirizzi autoritari che questo come altri governi praticano.

L’ESECUTIVO NAZIONALE DELL’UNICOBAS

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