Care colleghe e cari colleghi, la scorsa primavera una protesta molto diffusa contro la “buona scuola” ha scosso la nostra categoria a partire dallo sciopero e dalla manifestazione nazionale del 24 Aprile: la lotta ha raggiunto il culmine il 5 maggio nello sciopero-scuola più partecipato della storia repubblicana e in quello degli scrutini, entrambi sostenuti da TUTTI i sindacati, compreso il nostro.
Questo è accaduto perché abbiamo voluto reagire nel nome della nostra dignità e della solidarietà contro chi ci vuole avvilire e mettere in competizione gli uni contro gli altri. La risposta del governo, l’approvazione della legge 107 a luglio, a scuole chiuse, ha preteso porre fine a ogni discussione e protesta. Ma sappiamo bene che non è così. In molte realtà l’anno scolastico è cominciato all’insegna di assemblee sindacali che hanno espresso insoddisfazione e volontà di reagire contro la “buona scuola” di Renzi-Giannini. Le promesse sull’immissione in ruolo dei precari si sono rivelate, come abbiamo sempre denunciato, pura demagogia: il grosso dei precari, tra cui molti “storici”, è stato finora tagliato fuori da queste assunzioni, operate sinora quasi solo a pareggio del turn-over. Invece la crescita dei poteri dei dirigenti scolastici, la chiamata diretta, il rischio, che a medio termine grava su tutti, di perdere la titolarità del posto di lavoro finendo negli ambiti territoriali, e soprattutto l’introduzione di una ‘meritocrazia’ alla rovescia (clientelare e ‘familista’) nelle scuole sono una minacciosa realtà che, se non verrà spazzata via, peggiorerà le nostre vite e la qualità del nostro lavoro e della nostra professione, realizzando anche nel sistema pubblico le mostruosità delle scuole di tendenza private guidate senza collegialità.
Con questa lettera aperta ci proponiamo di far crescere l’insoddisfazione e la volontà di reagire e vogliamo farlo cooperando con tutte le organizzazioni sindacali che vorranno nuovamente schierarsi in modo chiaro contro la “buona scuola”.
Senz’altro pensiamo sia molto importante che istituto per istituto la categoria si difenda con ogni mezzo legale per evitare che la legge 107, dopo essere stata approvata con tutte le messe in scena del caso dalla casta politica, passi nella scuola senza ostacoli, a partire dal famigerato comitato di valutazione, che non dobbiamo eleggere. Emergono in merito due questioni: una a carattere giuridico, l’altra di livello politico.
1) LE NORME ED IL COMITATO DI VALUTAZIONE. La non elezione del comitato di valutazione è la prima battaglia da affrontare. Sgombriamo il campo perciò dalle ‘leggende metropolitane’ messe in giro dalla ‘palude’ per confondere e disarmare la scuola militante: la definizione dell’organico ‘funzionale’ o la corresponsione dei fondi scuola per scuola non ha nulla a che vedere con la definizione del comitato di valutazione.
Eliminate le ‘chiacchiere senza controllo’, entriamo nel merito delle questioni giuridiche.
IL COLLEGIO E IL COMITATO. Risulta purtroppo impossibile, a termini di legge, ‘vincolare’ il comitato di valutazione previsto dalla L. 107 a determinazioni del Collegio Docenti divergenti con la legge: il bonus è subordinato ad un diktat premiale prettamente (e falsamente) ‘qualitativo’ senza alcuna oggettività possibile, neppure di tipo ‘quantitativo’. Tanto che la legge limita i ‘bonus’ assolutamente all’interno di un rigido ‘plafond’ non superiore al 10% dei docenti. Del resto l’unica facoltà riservata dalla legge al comitato è quella di stabile ‘criteri di merito’, ininfluenti persino quelli, perché è chiaramente assegnata al dirigente, inaudita altera parte, la decisione sul chi premiare.
La legge riconosce invece al Collegio, quale entità giuridica autonoma e compiuta, la titolarità esclusiva nella nomina di due membri. Proprio per quella stessa autonomia e personalità giuridica (sancita anche in altri termini), risulta quindi indubbio che il Collegio possa rifiutarne l’elezione.
COMPOSIZIONE E NATURA GIURIDICA DEL COMITATO. Il comitato deve essere composto da membri scelti da due diversi organismi ed appunto per queste caratteristiche di rappresentanza plurima (aventi a che fare con la valutazione), si configura come collegio perfetto, inesistente se non nella sua completezza. Proprio il criterio della rappresentanza diretta di due diversi organismi esclude la possibilità giuridica di una ‘surroga’ dei non eletti da parte del dirigente. D’altra parte l’approvazione da parte del Collegio, a maggioranza semplice, di una mozione che ne escluda la nomina, impedisce qualsiasi successivo ritorno sul punto, o qualsiasi successiva ‘elezione’ fino a che non sia il Collegio stesso a rivedere a maggioranza la posizione adottata. Questo è l’unico modo per raggiungere lo scopo: far sì che il comitato non esista. In assenza di criteri elaborati con il coinvolgimento istituzionale di membri designati dal Collegio, proprio per la natura di rappresentanza plurima che la legge assegna al comitato, non esiste alcuna possibile definizione ‘premiale’ legittima. Verrebbe meno così persino l’entità giuridica alla quale la legge indica di rivolgere la domanda di ‘valutazione’. Qualsiasi modus operandi che non tenga conto di tutto ciò sarebbe certamente viziato e darebbe luogo a fondati contenziosi derivanti da atti del tutto arbitrari immediatamente annullabili dalla magistratura, unico ente deputato ad interpretare la legge sulla questione dirimente della natura giuridica del comitato o al rinvio della stessa alla Suprema Corte per sospetto di non costituzionalità. Qui s’evince una delle (tante) debolezze della legge 107, debolezze che noi dobbiamo metterci in condizione di poter ‘stanare’.
Viceversa, l’integrazione piena dei membri del comitato darebbe necessariamente il via alla svilente operazione ‘meritocratica’ clientelare e familista, senza che sia possibile alcun contenzioso degno di pregio, perché, ‘perfezionato’ il comitato e determinati i criteri, il dirigente avrebbe piena facoltà di operare discrezionalmente, potendosi avvalere comunque di un comitato formalizzato e dal momento che la valutazione è assegnata al dirigente ed a nessun altro, indipendentemente dai criteri stessi.
È del tutto evidente infatti quanto sarebbe futile appellarsi a qualsiasi ‘criterio’: destinare ogni contenzioso a questo debole appiglio significherebbe giocoforza accettare pedissequamente la logica ‘premiale’: a) perché il dirigente, nello spirito della legge, potrà varare solo manovre premiali aventi nulla a che fare con qualsiasi criterio quantitativo; b) perché tali contenziosi assumerebbero per forza di cose il senso giuridico della rivendicazione personale, volta ancora una volta al proprio riconoscimento ‘premiale’ contrapposto a quello altrui; c) perché i famosi ‘criteri’ nella stragrande maggioranza delle scuole saranno decisi dal dirigente contro la volontà dei docenti ‘eletti’ (quand’anche questi non si rivelassero semplicemente dei ‘complici’): come si sa i docenti sono ‘strutturalmente’ in minoranza nel comitato. Di più: persino quel dirigente che volesse operare nel modo migliore possibile contro la L. 107 e rispettare un ‘patto d’onore’ con il Collegio (ché di più non si può dare né sperare), anziché essere ‘coperto’ da una delibera del Collegio contro l’elezione del comitato, una volta che il comitato risultasse eletto sarebbe esposto al ‘dovere’ di operare all’assegnazione del ‘bonus’ di merito, in primis dal vero dominus di tutta l’operazione di definitiva privatizzazione dello status giuridico dei docenti: il membro nominato dall’amministrazione, che sarà presente in ogni scuola.
L’unico contenzioso valido e vincente resta quindi quello contro la titolarità del comitato stesso, ma a condizione di renderlo incompleto (e per questo inesistente): se operasse come non può, costituendosi come collegio imperfetto senza l’ausilio del nostro voto e definendo poi i ‘criteri’ senza poterlo fare in assenza di membri eletti dal Collegio Docenti o, peggio, con membri surrogati discrezionalmente dal dirigente o da minoranze operanti all’esterno e contro la delibera del Collegio.
2) LA VALENZA POLITICA DEVASTANTE CHE AVREBBE L’ASSENZA, QUI ED ORA, DI QUALSIASI BATTAGLIA, SENZA ‘SE’ E SENZA ‘MA’, CONTRO LA NOMINA DEL COMITATO DI VALUTAZIONE. Abbiamo lottato contro la legge 107 definendola inemendabile, abbiamo lottato contro il ‘preside sceriffo’ (al quale inizialmente era stato assegnato un potere autoreferenziale assoluto), per poi ‘validare’ quest’operazione di falsa democrazia ‘mimetica’ entrando in comitati dove – ‘criteri o non criteri’ – decide comunque il dirigente da solo? Hanno appena edulcorata la legge per dare la parvenza di un’apertura ‘partecipativa’ tirando in ballo il Collegio nell’elezione di due membri (naturalmente minoritari, condizionati e condizionabili) e noi ce la beviamo e non appena inizia il nuovo anno ci vogliamo ‘accomodare’ nel comitato come se nulla fosse e senza neppure combattere? Una battaglia dove si tratta solo di votare, nella quale la categoria può essere sconfitta solo da se stessa? Fra quanti si oppongono sinceramente alla L. 107 (e non lo sono certo tutti coloro i quali si ‘agitano’ solo in apparenza), chi non vuole combattere contro l’istituzione del comitato di valutazione è perché ha paura di ‘perdere’: ma se anche solo il 10% delle scuole riuscisse a deliberare contro il comitato di valutazione, sarebbe comunque una grande vittoria, perché darebbe seguito reale e tangibile ai facili proclami, evitando con i fatti a tutti noi l’immagine della servitù volontaria, dell’unanimità degli imbelli, degli sconfitti senza fegato né onore, incapaci di alzare la testa, incapaci di disobbedienza civile persino quando si tratta di votare, incapaci di qualsiasi levata d’orgoglio se, più ancora che con uno sciopero, si tratta di schierarsi apertamente e direttamente di persona contro una legge ingiusta, nemmeno quando ci colpisce direttamente (e con noi l’anima intera della scuola pubblica)! Chi ha paura oggi di ‘sfondare’ inizialmente solo nel 10% degli istituti, deve ricordare che tutta la scuola guardò con attenzione quelle appena 250 delibere contro il piano Renzi faticosamente raccolte all’inizio dello scorso anno scolastico. Rappresentavano solo il 2,5% delle scuole italiane, ma furono capaci di svegliare la categoria, premessa ai plebiscitari scioperi di fine anno. Che senso avrebbe più quel Collegio Docenti dove neppure uno dei suoi membri fosse determinato a presentare e, quindi, come consentito dalle norme, porre in votazione una delibera contro il comitato di valutazione? Questa è una battaglia che perderà davvero solo chi non la combatterà. In questa fase i dirigenti sono i primi a temporeggiare: non è per nulla facile neppure per loro sostenere uno scontro muro contro muro. In più, la maggioranza dei Consigli di Istituto devono venire rinnovati e sarebbe ridicolo fargli nominare membri del comitato. Infine, il membro ‘esterno’, il burocrate aggiunto del quale ci faranno dono gli Uffici Scolastici decentrati, con la bagarre sulle assunzioni non arriverà prima di Gennaio. Anche solo il 10% di delibere intransigenti oggi garantirebbe una moltiplicazione istituzionale dei NO quando si entrerà nel vivo dello scontro. Questo non è un anno come gli altri: non possiamo darci per vinti senza combattere. Eleggere il comitato di valutazione è passaggio definitivo ed irreparabile. Votare di non eleggerlo ha un grande significato politico, ma al tempo stesso non compromette nulla. Non compromette la posizione dei neo-assunti, per i quali il Collegio ha già nominato i tutor, né la loro valutazione del loro servizio, necessaria a Giugno, quando si potrà eleggere il comitato solo per questo scopo. Si sarà ottenuto così che per tutto l’anno il comitato di valutazione non abbia potuto elaborare l’operazione premiale, avendo acquistata intanto come categoria la possibilità di verificare nel frattempo come procede la battaglia contro la L. 107. Nominandolo adesso, invece, l’organismo sarebbe comunque perfetto e non se ne potrebbe impedire l’uso ‘premiale’. Anche il portfolio ed il tutor (per gli alunni) erano (e sono) ‘legge’ dai tempi della Moratti: oggi in quante scuole esistono mai? Persino il ‘concorsone’ a quiz per i docenti era sancito da più di 7 mesi nel contratto nazionale di lavoro, sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil, Snals e pubblicato su Gazzetta Ufficiale, quando, il 17 Febbraio 2000 venne spazzato via dalla rivolta della scuola: semplicemente non sono passati nella categoria. Infine, in una fase di stallo apparente, che richiede il massimo di impegno ed informazione, è proprio questo il segnale che s’intende dare? Quale immagine si darebbe ad una categoria che vedesse – senza colpo ferire e senza aver tentato almeno in prima battuta TUTTE le strade percorribili per impedire la creazione dei comitati di valutazione – proprio quelli che hanno trainato gli scioperi, le figure (almeno apparentemente) più coscienti, quelli dell’assoluta inemendabilità, che sino a ieri avevano dichiarato di voler trasformare la scuola in un ‘Viet Nam’, entrare o venire eletti proprio in quei comitati di valutazione che sono uno dei cardini della controriforma …’perché tanto non se ne può fare a meno’? Siamo seri: sarebbe la fine di qualsiasi credito, di qualsiasi speranza, per una categoria già molto incline alla delusione!
Questo è un appello rivolto a TUTTE le RSU, indipendentemente dalla sigla di appartenenza, a TUTTE LE COLLEGHE ED I COLLEGHI: dobbiamo ripartire dalla base. Senza le spinte di base non ci sarebbero stati scioperi lo scorso anno!!! È ora di riprendersi il diritto di decidere e di assemblea, il diritto di ‘contare’. L’anno scolastico è ormai iniziato da tempo. È fondamentale riprendere e far crescere, unire la protesta e l’opposizione a questa legge ingiusta, facendolo con responsabilità e senza paure. Serve subito la ripresa della lotta, a carattere nazionale e in tempi ravvicinati, con la proclamazione di un nuovo grande sciopero contro la “buona scuola” il più unitario possibile. Ovviamente non diamo data di sciopero alcuna (come invece hanno fatto altri), perché non vogliamo mettere a rischio l’unità per smanie ‘primogenitoriali’.
Invitiamo la categoria a muoversi ed autoorganizzarsi istituto per istituto, invitiamo la Lip, le associazioni e i coordinamenti spontanei della scuola a pronunciarsi sulle tesi di questo documento ed a valutare insieme la realizzazione un’assemblea nazionale a Roma di rappresentanze spontanee e delegati aperta a tutti gli insegnanti e gli ata che vorranno prendervi parte. Invitiamo il sindacalismo di base e alternativo, a partire dall’ANIEF e dall’USB; invitiamo i Cobas, sino alle OOSS tradizionali, al senso di responsabilità. Occorre confrontarsi e stabilire una strategia unitaria, con tappe precise ed inequivoche. Un percorso davvero comune fra e con tutte le organizzazioni sindacali, per decidere comunemente la piattaforma e la convocazione di uno sciopero contro la legge 107, perché questa, deleghe comprese, ha scansioni ben definite e non fa sconti a nessuno. Auspichiamo vera disponibilità a convergere unitariamente in difesa degli interessi di categoria e della scuola pubblica italiana.
Auspichiamo un’assemblea inclusiva, diversa dalle ‘kermesse’ autoreferenziali convocate dai soli sindacati firmatari di contratto, come quella dell’11 Settembre scorso, gestita ad inviti con pochi interventi preordinati ed a porte chiuse con l’esclusione del sindacalismo di base (e segnatamente dell’Unicobas), dove non è stato possibile neppure leggere la mozione della grande assemblea di movimento tenutasi a Bologna il 6 Settembre. La montagna ha partorito il topolino. Dopo aver promesso scioperi ad inizio d’anno, cosa ci propongono, per ora, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda? Iniziative separate per dirigenti ed ata, che aumentano la frammentazione e non rispondono neppure al blocco delle supplenze, ai 2.000 tagli di personale, all’accantonamento dei posti per gli organici delle province a detrimento di quello stesso personale ata (dimenticato sino a ieri), e sostanzialmente nulla rispetto al contrasto delle dinamiche della L. 107. Poi, Sabato 24 Ottobre, una passeggiata di fine settimana, depotenziata su tante piazze diverse e senza sciopero alcuno, mentre si preparano ad entrare nei comitati di valutazione.
A studenti e genitori diciamo che è l’ora di agire insieme, perché la scuola è patrimonio comune, affiancandoci nella lotta contro la scuola minimalista e di tendenza a cominciare dal blocco dei membri dei comitati di valutazione di competenza dei Consigli di Istituto. Non è certo una ‘conquista’ una scuola eterodiretta dal dirigente e dagli ex provveditorati per conto della casta renziana, della finanza speculativa, della Troika europea e delle false opposizioni. Alle altre categorie di lavoratori diciamo che è venuta l’ora di scioperare per la scuola, come la scuola ha scioperato infinite volte per il lavoro, a fianco dei metalmeccanici, per le libertà civili.
L’ESECUTIVO NAZIONALE DELL’UNICOBAS SCUOLA