Le righe che seguiranno sono una ripresa ed una rielaborazione di un precedente intervento (estate 2000), apparso sul numero uno della rivista “1° Ottobre- l’AltrascuolA” e sul forum del sito nazionale UNIcobas-Scuola.
Un intervento nel quale, oltre ad altre riflessioni, ponevo la questione dell’Ordine degli Insegnanti, sul quale chiedevo ai colleghi di esprimersi in maniera esplicita.
La mia richiesta è caduta praticamente nel vuoto: sul numero successivo della rivista non è apparsa alcuna risposta, neanche negativa (che sarebbe stata ben accetta perché sono fermamente convinto dell’utilità del dibattito e del contraddittorio, soprattutto sugli argomenti considerati “nuovi” come questo); sul forum, invece, è apparso un laconico messaggio che, oltre a scambiare il mio intervento per quello di Stefano d’Errico (ma questo è il rischio che si corre militando in un sindacato il cui segretario nazionale si chiama Stefano) bollava la mia proposta come di “destra” e con ciò chiudeva il discorso (sic!).
A questo punto non mi è rimasto che fare due considerazioni: la prima è che i colleghi non leggono con molta attenzione le nostre pubblicazioni (cartacee e sul Web che siano); la seconda è che l’Ordine degli Insegnanti non interessa molto.
Mi sono dovuto ricredere all’indomani del convegno del 29 maggio scorso quando l’intervento del prof. Prandstraller ha suscitato interesse e polemiche dando l’avvio all’attuale dibattito che, meglio tardi che mai, mi auguro possa aiutarci a capire meglio cosa fare a riguardo.
A proposito dell’intervento del prof. Prandstraller ritengo che la sua analisi possa essere condivisa o meno, ma ha comunque il merito di porre con chiarezza (e sicuramente meglio dell’intervento del sottoscritto) una questione molto importante, sulla quale, ribadisco il concetto, credo che la categoria degli insegnanti, ed in particolare i nostri iscritti, debbano prendere posizione ed esprimersi apertamente.
Da parte mia, nel mio semplice bagaglio di esperienze, maturate come docente e come militante di un sindacato di base, parlando e confrontandomi con i colleghi sia a livello individuale, sia nel corso delle assemblee, ho visto crescere tra di loro, dapprima in forma indefinita, per poi assumere dei connotati più precisi, l’esigenza della nascita di un organismo più qualificato che oltre a salvaguardare gli interessi della categoria, fosse positivamente propositivo e incidesse maggiormente sulla realtà delle cose.
Si potrebbe obiettare che non è nostro compito rincorrere la categoria nelle sue richieste, soprattutto se le si ritiene errate, ma è pur vero che dobbiamo tenere conto anche di ciò che passa nella mente dei colleghi, delle loro opinioni ed analisi, per poter fare poi delle proposte ed evitare di trovarsi distanti e distaccati dalla realtà e da coloro ai quali ci rivolgiamo.
Nelle righe precedenti mi sono volontariamente mantenuto nel vago perché credo che anche in gran parte della categoria ci sia ancora dell’indeterminatezza terminologica nel definire questa “cosa”, sia per pudore e ritrosia personale, sia per pregiudizi ideologici, invece ritengo che sia giunto il momento di chiamare le cose col proprio nome e quindi ribadisco la mia scelta a favore della costituzione di un Ordine degli Insegnanti.
Prima di procedere nel ragionamento sono necessarie due premesse: se la nostra categoria non fosse stata inserita nel calderone del Pubblico Impiego, con tutti gli effetti negativi che ne sono conseguiti e che il nostro sindacato nel corso degli anni ha sempre denunciato (attirandosi, anche per questo, le critiche dei COBAS, i quali invece non vedono nulla di sbagliato in questo apparentamento, conformandosi ad una mentalità operaistica, che concepisce la scuola e il personale che vi lavora, come un qualunque altro settore del mondo del lavoro), non ci sarebbe la necessità di proporre la costituzione dell’Ordine. Questo intanto per sgombrare il campo da equivoci e per chiarire che la mia, non è una scelta ideologica, ma semmai strategica, che tiene conto della realtà nella quale si opera e non certo della realtà quale vorrei che fosse e tiene anche conto di analisi, storiche e sociologiche, come quella del prof. Prandstraller, che individua nell’attuale società “complessa”, la presenza di una componente specifica, quella dei professionisti della conoscenza, alla quale dare più spazio e voce.
Il secondo elemento che ritengo necessario premettere è che non vedo alcuna sovrapposizione ed incompatibilità fra Sindacato e Ordine.
Il primo, a mio avviso, continuerebbe a svolgere la sua funzione istituzionale di tutela della categoria sotto l’aspetto normativo e contrattuale, di mediazione con la controparte economica, il secondo, attraverso una funzione di autoregolamentazione e di autogoverno degli insegnanti, andrebbe a recuperare lo spazio di protagonismo sociale, culturale ed istituzionale, al quale la categoria docente non è più abituata, o che forse non è mai stata chiamata a ricoprire.
Una delle qualità che riconosco a questo sindacato è la capacità di saper affrontare le questioni con spirito laico, scevro da pregiudizi e ideologismi fini a se stessi; quello stesso atteggiamento che ha permesso di “farci” sindacato quando una proposta del genere significava andare controcorrente (ed ora possiamo vedere la giustezza di tale scelta anche se scontiamo forse il fatto di averla effettuata in ritardo rispetto ad altre organizzazioni): lo stesso atteggiamento che ci permette di impegnarci nelle elezioni “ENAM”, perché riconosciamo l’importanza di “esserci” nelle cose, di assumersi delle responsabilità, anche quando ai più puri potrebbe sembrare che “ci stiamo sporcando le mani”.
Per questo motivo non riesco a capire la pregiudiziale negativa, da parte di alcuni, non appena si comincia a parlare di Ordine degli Insegnanti.
E’ vero che quando si pensa agli ordini esistenti numerosi sono gli esempi negativi, ma credo che abbiamo il dovere di immaginare un organismo completamente diverso da quelli conosciuti, a maggior ragione se concorrerà alla sua nascita un sindacato come il nostro, libertario, autogestionario, realmente democratico e soprattutto se lo progetterà tempestivamente, prima che altre organizzazioni possano deviare in senso verticistico e personalistico tale proposta, che se sarà realizzata, potrà ridare linfa vitale ed energia alla categoria stessa.
A questo punto vorrei fare una breve digressione sull’attuale situazione politico- sindacale e sulle prospettive che si aprono ad un’organizzazione come l’UNIcobas Scuola.
I risultati ci hanno dato ragione quando siamo stati ben visibili e chiaramente distinguibili da altri sindacati come i COBAS, CUB, ecc…
Credo che la proposta dell’Ordine risponda proprio a questa esigenza da una parte, e dall’altra vada nella direzione dell’ampia fetta di categoria che oltre a non sentirsi più tutelata dai sindacati confederali e dallo SNALS, vede la GILDA dibattersi fra posizioni ambigue ed inefficaci, mentre sente come fondamentale il riconoscimento in chiave remunerativa, ma anche normativa ed istituzionale della specificità della funzione docente.
Inoltre ritengo che l'”arma” dell’Ordine può risultare utile ad avvicinare e coinvolgere, attraverso una forma diversa, il gran numero di docenti che nel corso degli anni, ha ritenuto giusto non sindacalizzarsi.
Settori ampi ed eterogenei dei quali ad un sindacato di base come il nostro, non devono interessare né il colore politico, né la tessera di partito d’appartenenza (queste selezioni lasciamole fare a qualcun altro, col quale sia per ragioni storiche, sia per motivi contingenti abbiamo ben poco a che spartire) ma coi quali dobbiamo invece avviare un processo di crescita numerica e qualitativa, che passi attraverso la pratica dell’autogestione, l’affermazione dell’autonomia e della propria specificità di categoria e quindi anche attraverso la costituzione dell’Ordine degli Insegnanti.
Il quale Ordine, a mio modesto avviso, NON DEVE ESSERE:
- né un organismo a difesa di una casta o degli interessi di pochi; d’altro canto quando si parla di docenti non vedo proprio quali interessi economici ci siano da difendere, viste le nostre, ben note misere condizioni contrattuali. Semmai le caste ci sono già (anche se non esiste un Ordine) e sono quelle dei distaccati, dei formatori IRRSAE, degli insegnanti all’estero, che devono le loro fortune ai padrinaggi politico /sindacali, contro i quali l’UNIcobas ha sempre espresso un giudizio estremamente negativo e rispetto ai quali l’Ordine svolgerebbe una funzione regolatrice e moralizzatrice.
- né una struttura dove si avvieranno delle procedure di frammentazione della categoria perché alla sua base ci sarà il concetto paritario e unificante della Funzione Docente, valido dalla scuola materna fino all’Università.
- né una struttura titolare o parte essenziale dei processi di reclutamento dei docenti e della loro formazione iniziale ed in servizio, come stanno proponendo altre organizzazioni interessate all’ipotesi Ordine, e le cui posizioni non condividiamo, in quanto pienamente inserite nella logica di ristrutturazione aziendalistica che si sta abbattendo sulla scuola da qualche anno e che col governo Berlusconi sicuramente subirà un’ulteriore accelerazione.
- né un ente inutile, né una cattedrale nel deserto, né una struttura svuotata delle proprie funzioni: ma questo, sinceramente credo che debba essere il primo obiettivo e compito del nostro sindacato qualora si decidesse di scegliere tale ipotesi organizzativa. In un momento come l’attuale nel quale tutti si arrogano il diritto di parlare della scuola anche senza le necessarie conoscenze e competenze; nell’attuale fase in cui sembra che non si abbia più la cognizione del valore, della funzione e delle finalità dell’attività docente, in quanto le si assegna sempre più spesso il quasi esclusivo compito di favorire la socializzazione degli studenti; nel momento attuale in cui la scuola non può essere semplicisticamente il campo d’applicazione di una cultura manageriale, ma ha bisogno di modifiche strutturali importanti con gli insegnanti soggetti attivi di talòe proceso, è giusto che gli stessi si dotino di uno strumento autonomo di riflessione, l’Ordine degli Insegnanti, all’interno del quale possano elaborare il proprio codice deontologico professionale, possano predisporre degli strumenti utili per la propria formazione e l’autoaggiornamento, possano avviare una riflessione necessaria e di estrema attualità sugli aspetti metodologici e tecnici relativi alla propria professione, possano riconoscersi in un insieme di idee e istituzioni che ribadiscano la specificità della loro professione, né migliore, né peggiore di altre, ma sicuramente diversa perché fatta non di bulloni da avvitare, né di pratiche da evadere, ma di scambi affettivi e culturali, di trasmissione di conoscenze, di interazione umana, di continua rielaborazione e messa in discussione di se stessi, delle proprie conoscenze e della propria attività. Quando parlo di codice deontologico intendo un insieme di norme e regole (decise dai docenti per i docenti!), che partendo dal concetto di Scuola come istituzione, nella quale si attuino processi educativi d’istruzione e di formazione nel rispetto fondamentale della libertà d’insegnamento e di quella d’apprendimento, affronti con chiarezza il problema della “qualità” della funzione docente. Un argomento sul quale il nostro sindacato in collaborazione con l’Ass.Cult. l’AltrascuolA, ha avviato già da tempo una profonda riflessione, considerandolo centrale per le sorti della nostra professione. Intendo dei principi etici che finalmente suggellino una differenza tra chi svolge questo lavoro con impegno, passione e volontà e chi lo fa solo per ricevere uno stipendio alla fine del mese, o peggio ancora, chi si è “ritrovato” nella scuola per caso o per “grazia ricevuta” e si comporta di conseguenza; delle norme che mettano fine a certe pratiche indecorose, come quella del doppio lavoro, per cui numerosi professionisti hanno scelto l’insegnamento come attività secondaria, utilizzabile spesso ai fini della loro professione principale e sicuramente molto più redditizia. Intendo delle regole che definiscano il campo e i confini della nostra professione, respingendo le sempre più evidenti intromissioni esterne provenienti dai cosiddetti esperti, dai politici, dai rappresentanti del mondo del lavoro, fino ad arrivare agli studenti e alle loro famiglie che, oramai, in qualità di “utenti del servizio scuola” hanno il diritto di intervenire e influenzare l’attività docente, pur non avendo le necessarie competenze. In questa maniera si potrebbero ristabilire le giuste proporzioni e così come la diagnosi medica è ragionevole che sia definita dallo specialista, la valutazione degli studenti, la programmazione, l’azione formativa e l’attività didattica è opportuno che siano appannaggio del docente, senza subire eccessivi condizionamenti dall’esterno. L’Ordine degli Insegnanti deve essere un luogo di dibattito, fisico e mentale, nel quale confrontarsi su questioni di didattica e pedagogia, per rifiutare il modello imperante di “insegnante burocrate”, sempre meno educatore, mediatore, stimolo e punto di riferimento, impegnato com’è a compilare moduli, verbali, schede e per riappropriarsi, invece, degli elementi fondamentali dell’insegnamento: il coraggio della sperimentazione e il piacere della creatività. L’Ordine degli Insegnanti deve essere una struttura nella quale i docenti possano finalmente produrre dei validi parametri d’idoneità alla professione d’insegnante e di valutazione della propria professionalità; un’istituzione, quindi, oltremodo necessaria, anche perché in sua assenza gli insegnanti continueranno ad essere giudicati dai presidi, dagli ispettori del Ministero, dagli psicologi di turno (idea assolutamente improponibile per altre categorie professionali) e tra breve, probabilmente dagli stessi studenti e dai loro familiari. Un organismo indispensabile, il cui riconoscimento sancirebbe definitivamente la centralità e l’atipicità del ruolo e della funzione docente, favorendone la rivalutazione dal punto di vista normativo, salariale e sociale, oltre che la sua ricomposizione ugualitaria, spingendo nei fatti in direzione del tanto auspicato ruolo unico docente. Un obiettivo fondamentale se si vuole che gli insegnanti siano il principale motore del cambiamento della scuola, cercando di mutarne le condizioni generali, di ridefinirne l’organizzazione complessiva in maniera più libera dai vincoli tradizionali, di sburocratizzarne l’essenza, per poter affermare sulle macerie dell’istruzione tradizionale un’idea di scuola nuova, intesa come organizzazione esplicita del lavoro didattico, luogo dell’apertura, dell’integrazione e rielaborazione culturale, come campo d’esperienza. Stefano Lonzar del Direttivo dell’Associazione Culturale l’AltrascuolA