Cib Unicobas

sito della confederazione italiana di base CIB Unicobas, sindacato di base, libertario ed autogestionario

Sintesi dei contenuti illustrati dal portavoce della Confederazione Italiana di Base nel corso dell’audizione presso la VI commissione consiliare permanente di Roma Capitale del 26 settembre 2016.

Ringraziamenti alla presidente Eleonora Guadagno e a tutti i consiglieri presenti per ‘opportunità  (l’ultimo precedente risale all’amministrazione Veltroni! Quando la mobilitazione dei lavoratori riuscì a bloccare la creazione dell’ennesima SpA capitolina, oggetto di
molti “appetiti”).
Delusione per l’assenza del rappresentante della Giunta Capitolina e dei
dirigenti il dipartimento. Breve “storia” della formazione professionale nell’ambito di Roma Capitale.
Inizia tutto nel 1980.
L’anno successivo una delibera di giunta e la conseguente approvazione anche in consiglio comunale promossa dall’allora sindaco Petroselli
prevede «Assunzione da parte del Comune di Roma dei corsi di formazione Professionale ex legge 845/78».
Il comune assume formalmente le attività, le sedi, il personale di alcuni enti di formazione in difficoltà. «Allo scopo di affermare la presenza del Comune nel campo della formazione professionale, in accoglimento di specifico suggerimento regionale … l’amministrazione
Comunale ha deciso … l’assunzione diretta…»
Le delibere prevedono anche «Che, con successivi provvedimenti si procederà alla definizione … posizione giuridica ed economica del
personale».
Negli anni successivi altri enti, anche di emanazione sindacale, vengono
assorbiti allorquando entrano in crisi economico-gestionale.
Le sedi incrementano, in centro città e nelle periferie. I corsi si
moltiplicano, migliaia gli allievi, il personale aumenta costantemente.
Anche gli interessi crescono. Nel 2007 prima e in seguito nel 2010 la
reazione dei lavoratori blocca i tentativi di “privatizzazione”.
In corrispondenza delle presidenze Zingaretti, in Provincia prima, ed in
Regione poi, inizia il lento declino delle attività.
Le consigliature che si seguono si disinteressano delle attività, non
viene difeso il ruolo peculiare di Roma Capitale nei rapporti con le
altre Amministrazioni.

L’oggi.
Roma Capitale, che rimane comunque il più grande ente di formazione
pubblico della Regione Lazio, presidia il territorio con nove sedi
formative, per la gran parte collocate nelle periferie estreme.
In esse operano, ormai, meno di 150 lavoratori con contratto a tempo
indeterminato, docenti amministrativi ed ausiliari.
Sono finanziati (l’amministrazione non impegna fondi propri, è bene
ricordarlo) per lo svolgimento circa 50 corsi “IeFP”, ovvero validi per
l’assolvimento dell’obbligo scolastico; 17 corsi “PFI”, quelli
specialistici per le persone con disabilità; 4 o 5 del cosiddetto
“percorso duale”, la soluzione adottata nel Lazio per affrontare
l’alternanza scuola-lavoro e/o l’apprendistato.
Il tutto coinvolge circa 1500 giovani.
Tutti questi dati potrebbero non essere precisi, essendo le uniche fonti
quelle della città metropolitana e della Regione Lazio.
L’amministrazione infatti, non fornisce questi dati né alle
organizzazioni sindacali -e quindi ai lavoratori- né ai cittadini non
apparendo nulla sul sito web istituzionale. Anche la pubblicazione degli
atti dipartimentali è ferma a dieci anni addietro; la necessaria
trasparenza?
Le scelte di indirizzo, purtroppo appaiono dettate più da “ragioni di
mercato” (le mode che influenzano le richieste giovanili), che da una
reale visione di programma rispetto al territorio.
Neppure un corso, relativo alla vocazione turistica, nulla che riguardi
il settore agricolo e agroalimentare, zero sull’edilizia i servizi di
impresa l’artigianato. Ma innumerevoli corsi di estetista e parrucchiere.

Uno dei problemi, l’organico.
Sulla carta si dovrebbe poter contare su poco meno di 80 docenti (dato
stimato, come detto non sono, inspiegabilmente, resi disponibili i dati
reali; e per alcune persone non si ha chiaro come e dove siano impiegate).
Non sono ovviamente sufficienti per lo svolgimento dei corsi.
Si ricorre quindi, a “precari” rapporti di lavoro che è spontaneo
definire stagionali; addirittura a partita IVA.
La selezione, da un paio d’anni, è affidata ad una società esterna, di
proprietà della Città Metropolitana.
Procedura appena più trasparente di quelle adottate in precedenza, ma
con criteri tuttora discutibili (una “lettera di presentazione”, ad
esempio, può essere valutata anche una volta e mezza il punteggio
corrispondente ad una laurea).
A causa dei costanti ritardi burocratici, inoltre, la presenza reale
sulle cattedre di questi comunque colleghi, non avviene prima di alcuni
mesi dall’avvio dell’anno formativo.
Lo scorso anno, per questo, godemmo della “popolarità” data in
trasmissioni radiotelevisive e sui quotidiani.
Quest’anno, a tre settimane dall’avvio delle lezioni, non si hanno
notizie di quando sarà possibile iniziare a integrare l’organico necessario.
Le notizie date nel corso dell’audizione dalla rappresentante il
dipartimento, lasciano prevedere tempi anche più lunghi.
Questo comporta avviare le lezioni ad orario ridottissimo, in modo
arrangiato.
Una situazione che conosco personalmente.
Sei docenti e mezzo (un part-time) per sei corsi; due dei corsi per
persone con disabilità.
Per un formatore l’orario medio è di venti ore settimanali, per un corso
la frequenza dovrebbe essere garantita per almeno 30 ore settimanali.
Facile fare i conti.
Di più, la logica puramente ragionieristica; riempire i corsi con trenta
e più allievi (contro il massimo di 25 previsto e finanziato); un unico
formatore-tutor per 15 allievi con disabilità (in alcuni CFP anche oltre
18; 15 quelli previsti e finanziati); fino a pochi anni addietro gli
operatori per corso erano tre (l’entità del finanziamenti, per ciascun
corso, lo permetterebbe tuttora).
Nonostante le nostre ripetute richieste e solleciti, non si è mai
affrontato il tema di una adeguato dimensionamento della dotazione
organica. Mai definito l’organigramma in modo efficiente (e trasparente).
Mancano gran parte delle figure specialistiche.
Gli unici “aggiustamenti” visti in questi anni, sono avvenuti per
delfinati o cooptazione.

Struttura intrinseca dell’amministrazione.
Abbiamo (forse; venerdì sembrava così, lunedì non è più certo) un
assessorato legato a sviluppo economico, turismo e lavoro, un
dipartimento che si dovrebbe occupare di periferie, sviluppo locale,
formazione e lavoro, una commissione consiliare preposta a cultura,
politiche giovanili e lavoro, azienda speciale palaexpo, fondazione
musica per Roma, Zètema, istituzione biblioteche, toponomastica,
politiche giovanili, formazione professionale, tempi e orari della
città, diritti dei cittadini, comunicazione, statistica, censimento.
Sarebbe opportuno “allineare” la macrostruttura al livello politico di
indirizzo, e alle istanze rappresentative.
Attualmente nessun legame forte con quelle che oggi sono le nostre
attività, ovvero la scuola (i corsi IeFP sono un percorso scolastico
equivalente alla frequenza dei primi anni della secondaria di II grado),
il sociale (i corsi PFI in ottemperanza alle leggi 104 e 845), il
personale (la formazione interna dei dipendenti capitolini).
Solo una minima parte delle attività (e dei finanziamenti) riguardano
forse le attribuzioni eventuali sul ‘lavoro’; ed è una novità di
quest’anno. Il 70% attiene alla scuola, ed il 30% al sociale.
E ciascuno di questi settori dell’amministrazione opera in totale
dissociazione con la formazione professionale.
Il sociale finanzia, con fondi propri, enti concorrenti (seppur
benemeriti) per centinaia di migliaia di euro, la scuola ci ignora (in
senso letterale), la formazione “aziendale”, quella dei 24000 dipendenti
capitolini, preferisce appaltare le attività a professionisti e società
private esterne.
Secondo quanto viene costantemente riferito- non è possibile acquistarne
per “impossibilità di rendicontazione”.
Prima nota a margine. Come sono stati (saranno) impiegati gli specifici
stanziamenti -pari a 153.000 euro- per acquisto attrezzature
repertoriati al bilancio comunale 2016-2018, e destinati ai corsi PFI?
Seconda nota a margine. Ad agosto è scaduto il contratto di fornitura
per le fotocopiatrici. Sono state ritirate. Lo immaginate un ufficio,
una scuola, dove i documenti bisogna riprodurli fotografandoli col
-proprio- cellulare. e dove non sia possibile approntare materiali per
gli allievi? Ovviamente non è dato sapere se è stata indetta una gara e
quando l’appalto avrà esito.

La progettualità del “futuro”.
Non è mai esistito un “progetto” per i servizi di formazione
professionale di Roma Capitale. Una definita e condivisa scelta di
indirizzo per lo sviluppo delle attività.
La nostra miglior scelta era e rimane quella di una ‘istituzione’.
A tale proposito ricordiamo la proposta, di iniziativa popolare, di
delibera -con 6000 firme- presentata durante la consigliatura Alemanno.
Essa prevedeva all’art.4 la costituzione, entro il 31/12/2013, di una
istituzione denominata “istituzione Roma Formazione” volta a riconoscere
le competenze professionali del personale attualmente in servizio “fuori
ruolo” presso l’ente e in possesso dei requisiti per l’accesso all’impiego.
La delibera avrebbe dovuto essere discussa entro 6 mesi dal deposito; ma
fu fatto in modo cadesse in qualche cassetto.

Il contesto normativo-istituzionale.
Roma capitale non è mai riuscita (non ha mai realmente voluto) affermare
il proprio ruolo nei rapporti con le altre amministrazioni territoriali.
Città metropolitana e Regione Lazio.
Il sindaco di Roma Capitale è anche sindaco metropolitano. Ma la delega
alla formazione professionale (ricordiamolo Roma Capitale è l’ente
pubblico di gran lunga più grande nella regione) è stato appannaggio di
un consigliere del comune la cui società di formazione è in liquidazione
dopo anni di dissesto finanziario.
Un emendamento alla recente legge regionale 5/2015 (che riuscimmo a far
proporre), poi, faticosamente, approvato, riconosce esplicitamente il
ruolo peculiare della formazione professionale dei comuni e di Roma
capitale. Ma l’amministrazione capitolina, dopo aver brillato per la sua
assenza durante il processo legislativo, non è mai riuscita (non ha mai
voluto?) neppure imporne il rispetto nei rapporti con la Regione Lazio.
E’ bene comunque precisare, contrariamente alla “vulgata”, che tale
legge regionale è riferita ai soli corsi ‘IeFP’. Per tutto il resto
rimangono valide la legge regionale 23/1992 e la leggi nazionali
845/1978 e 104/99.

L’equivoco -continuo- tra “pubblico” e “privato”.
Il personale operante nei servizi di formazione professionale è alle
dirette dipendenze dell’amministrazione di Roma Capitale.
La busta paga è quella con il noto scudo gotico rosso porpora. Ma siamo
“fuori ruolo”.
Tuttavia, non si può trattarci, secondo le convenienze, scegliendo “il
peggio” di ciascuno stato giuridico.
Saremmo ben lieti che alcune norme della pubblica amministrazione
venissero applicate. Ma non quando questo avviene solo selettivamente.
Non quando tanti piccoli “napoleoni” si sentono investiti da poteri non
si sa come attribuiti, e si “realizzano” cercando la rivalsa su coloro
gli capitano a tiro.
Non risulta, ad esempio che siano mai state attuate le disposizioni di
legge relative ai principi «di integrità,correttezza, buona fede,
proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità,
ragionevolezza,indipendenza e imparzialità»
Non è mai stata chiesta ai lavoratori «Comunicazione degli interessi
finanziari e conflitti d’interesse» eppure ce ne sono sicuramente stati,
e forse ancora ce ne sono.
Non è mai stato appurato se tra il personale sussistano rapporti di
«parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente»
con altri appartenenti all’Amministrazione.
Spesso non accade che «Il dipendente si astenga dal prendere decisioni o
svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto,
anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di
conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado.»
In passato si sono verificati casi di «Incompatibilità, cumulo di
impieghi e incarichi» che sono vietati.
Per chiarezza, tutte citazioni dalle norme di legge sulla cosiddetta
“anticorruzione”.
Ma per il resto il contratto di lavoro che ci viene applicato è uno
degli specifici CCNL del settore. Non quello degli appartenenti agli
“Enti Locali”.
Ciclicamente vengono sbandierati, a giustificazione di iniziative
dirigenziali discutibili, “pareri” dell’avvocatura che non è tuttavia
possibile conoscere. Non è neppure possibile sapere in quale modo i
quesiti siano stati posti. E sappiamo quanto le domande possano
influenzare le risposte. E, comunque, i pareri dell’avvocatura comunale
sono tali, cioè “opinioni”; non fonte di diritto e/o accordi tra le
parti. Nel nostro caso, poi -a seconda dei tempi (e delle
“opportunità”)- spesso i pareri palesemente contrastano, l’uno con il
successivo.

Il tema del trattamento del personale.
Da tempo immemore i dirigenti evitano qualsiasi confronto sindacale,
anche se più e più volte sollecitato. Tanto meno rispondono alle
numerose richieste avanzate, rinviando o, più spesso, rimanendo nel
silenzio.
Nello scaricabarile ora qualcuno pensa che dovrebbe occuparsene il
dipartimento organizzazione e risorse umane. Ma questo avrebbe
fondamento, come ricordato prima, se ci fosse applicato il CCNL degli
EE.LL.. La natura privatistica di quello applicato sinora, non lo consente.
Tutto questo lascia sostanzialmente inalterata la gestione, storicamente
opaca, del settore della formazione professionale dando anche luogo ad
una ulteriore serie di disposizioni amministrative incontrollate ed
incontrollabili, con buona pace della trasparenza.
Nessun esito alle richieste, denunce, proposte inviate; nessun tentativo
di correggere comportamenti amministrativi “discutibili” che hanno reso
la formazione professionale capitolina una zona franca rispetto alle
normali regole di una pubblica gestione (pubblica la gestione, ma
“privato” il rapporto di lavoro; ricordiamolo, è semplice).
Le indagini della magistratura e gli articoli di stampa, che hanno
riguardato dirigenti e incaricati politici, sembrano ormai acqua
passata, come dimenticata da 12 anni sembra la necessità di una
effettiva contrattazione di Ente.
Maggiori attenzioni non ha ricevuto il personale al quale sono stati
sottratti centinaia di migliaia di euro degli accantonamenti
contrattualmente vincolati agli incentivi. Da anni non si è compreso
quale strada abbiano preso tali capitali.
Né si riscontra alcun aggiornamento delle voci retributive.
I rimborsi spese sembrano una voce ormai dimenticata, e determinati
costi -indispensabili ad una efficace azione di formazione (es: spese
trasporto auto propria per le attività di tirocinio, spese telefonia
cellulare) gravano ormai esclusivamente sui lavoratori.
L’equivalente di un mancato mese di stipendio gli incentivi. Un altro
paio le spese “accessorie”.
Attendiamo urgenti segnali -concreti e condivisi- prima di valutare, nel
merito, le scelte dell’attuale giunta.