Sottoscritto definitivamente l’accordo sulle modalita’ di adesione al Fondo Espero. Introdotto il silenzio assenso anche retroattivo a partire dal 1° gennaio 2019.
Il decreto legislativo n.252/2005, al tempo del governo Berlusconi bis, ha sancito il definitivo lancio della previdenza complementare col “furto” del TFR conferito ai fondi pensione. Nella legge delega, a firma del ministro Maroni, era inizialmente previsto il versamento obbligatorio del TFR, che successivamente è stato sostituito dal meccanismo del silenzio-assenso, fortemente voluto dai sindacati concertativi e dal padronato. Dapprima utilizzato nel mondo del lavoro privato, tale meccanismo truffaldino, con l’accordo del 16 settembre 2021 tra Aran, CGIL, CISL, UIL e CIDA, è stato introdotto nella Pubblica Amministrazione per l’adesione al fondo Pensione Sirio Perseo. Gli stessi protagonisti, con l’aggiunta della ANP, hanno firmato il 31 maggio 2022 l’ipotesi di accordo per introdurre, anche nel mondo della scuola, la stessa formula e il 16 novembre scorso, ARAN, ANP, CGIL, CISL, Gilda, SNALS, UIL, CIDA hanno sottoscritto definitivamente un accordo capestro per i lavoratori, ma vantaggioso per loro che cogestiscono il fondo Espero insieme al MIM.
Questa intesa prevede che per gli assunti dal 1° gennaio 2019 scatterà l’iscrizione automatica al fondo Espero se entro nove mesi dall’assunzione il lavoratore non comunicherà all’amministrazione, “con le modalità previste”, la propria volontà di non aderire.
Visto che l’accordo è retroattivo, è prevista una fase transitoria per chi è stato assunto tra il 1° gennaio 2019 e il 16 novembre 2023, per cui entro nove mesi a partire dal 16/11/2023 l’amministrazione dovrà fornire al lavoratore l’informativa e il lavoratore avrà ulteriori 9 mesi a partire dalla data in cui è stata fornita l’informativa per manifestate la propria volontà di non aderire, altrimenti verrà iscritto automaticamente al fondo.
Questo espediente ha ovviamente come unico obiettivo far crescere le iscrizioni al Fondo Espero poiché, nonostante gli accattivanti opuscoli informativi che descrivono solo i potenziali rendimenti, tralasciando i rischi, e nonostante la continua opera di propaganda svolta dai sindacalisti trasformatisi in questi anni in promotori finanziari, fino ad oggi il Fondo ha raccolto poco meno di 100.000 aderenti, su un bacino potenziale di ben oltre 1 milione di lavoratori, ossia solo un lavoratore su dieci ha aderito!
La verità è che i lavoratori non si fidano di consegnare il loro TFR alla speculazione; sanno che mettere le risorse di una vita lavorativa nei fondi significa perderne il controllo e alimentare quel sistema globalizzato nel quale banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio (con la complicità dei sindacati concertativi che gestiscono i fondi di categoria) guadagneranno alla grande, ricercando il massimo profitto a breve termine, lasciando l’onere del rischio soltanto a chi vi aderisce. I lavoratori sanno bene che la soluzione non risiede nella previdenza complementare, da sempre esposta alle turbolenze della finanza internazionale, perché non potrà mai garantire il recupero totale della quota persa dalle pensioni con l’introduzione del sistema contributivo. Quello che serve, invece, è una riforma strutturale che difenda e rilanci il sistema pensionistico pubblico, fondato sul principio solidaristico intergenerazionale, contro i tentativi di privatizzazione dello stato sociale, così da restituire ai lavoratori la sicurezza di una vecchiaia dignitosa dopo una vita spesa a lavorare.
Noi del sindacato Unicobas continueremo a denunciare come “imbroglio del secolo” l’utilizzo della liquidazione dei lavoratori per foraggiare i fondi pensione e invitiamo i lavoratori a compilare il modulo di diffida (che predisporremo al più presto), con cui potranno esprimere la loro volontà di non aderire al Fondo Espero, da spedire immediatamente dopo aver ricevuto la prevista informativa da parte dell’Amministrazione.