Per dimostrare l’ineludibilità dello sciopero della scuola, già proclamato per il prossimo 10 novembre, l’Unicobas diffonde questa volta i dati di una ricerca sulla dinamica degli stipendi condotta dalla Flc-Cgil di Torino.
Vediamo questi dati. relativi alle somme perse in questi anni dalle diverse categorie della scuola a causa del mancato rinnovo del contratto: 1) un collaboratore scolastico ha perso 11.128 euro netti; 2) un assistente amministrativo/tecnico ha perso 12.500 euro netti; 3) un coordinatore amministrativo/tecnico ha perso 15.120 euro netti; 4) un dsga 17.979 euro netti; 5) un docente della primaria 15.303 euro netti; 6) un itp 15.573 euro netti; 7) un docente delle medie 16.823; 8) un docente delle superiori 17.507 euro netti.
“Lo studio della Flc torinese – sostiene il segretario nazionale Unicobas Stefano d’Errico – ha l’indubbio merito di fornire una fotografia precisa e spietata della perdita del potere d’acquisto subito in questi anni di crisi dai lavoratori della scuola”
In mezzo alla notizia
Al tempo stesso rileva però d’Errico la ricerca sugli stipendi mette in evidenza una palese contraddizione del sindacato di Francesco Sinopoli:
“Come si fa a firmare, come questa organizzazione fece nel novembre 2016 (creando peraltro ad hoc l’illusione in 3 milioni di dipendenti pubblici, che si apprestavano a votare proprio il 4 dicembre sulla controriforma renziana della Costituzione, di un contratto che sarebbe arrivato nel 2017) un’intesa per 85 euro lordi di ‘aumento’ a fronte di un massacro salariale del genere?”
Unicobas prova anche a completare i conti della Flc e spiega: se anche a tutto il personale della scuola venisse riconosciuto l’aumento di 85 euro lordi, che si riducono a 45 netti, in un anno gli stipendi aumenterebbero di 585 e a fine vigenza contrattuale ogni dipendente avrebbe solo 1.755 euro complessivi, a fronte di circa 15.000 euro persi negli ultimi 10 anni.
Stefano d’Errico coglie così l’occasione per ritornare su una vecchia questione e cioè “la privatizzazione del rapporto di lavoro imposta dai tempi del governo Amato con il Dl.vo 29/1993 (che mantenne invece nella funzione pubblica e con le regole precedenti gli universitari, i magistrati, i militari ed altri)”.
La soluzione è obbligata:”La vera lotta per il contratto è la lotta per l’uscita della scuola (di tutta la scuola, dai collaboratori ai docenti) da quelle regole impiegatizie che impediscono per legge aumenti superiori all’inflazione programmata dal ministero dell’economia, che ci hanno tolto il ruolo (precarizzandoci con gli incarichi a tempo indeterminato e determinato) e gli scatti d’anzianità biennali vigenti prima del contratto del 1995 (trasformati in lenti ‘gradoni’, per pagare i quali diminuiscono gli stanziamenti per il fondo di istituto, diminuendo progressivamente la retribuzione oraria degli straordinari degli amministrativi e dei progetti dei docenti”
Conclude d’Errico: “Occorre un contratto specifico per il comparto istruzione, ma anche la creazione di un Consiglio Superiore della Docenza che impedisca che la scuola da istituzione divenga servizio per gli interessi della casta dei partiti e dei sindacati di partito”
E, per ottenere questo risultato è necessario, secondo d’Errico, che il mondo della scuola aderisca compatto allo sciopero del 10 novembre proclamato da Cobas, Unicobas e Usb.