Lo stato di emergenza legato alla pandemia del coronavirus SARS-CoV-2 (COVID-19) ha costretto il sistema universitario a adottare misure straordinarie per consentire lo svolgimento di numerose attività lavorative in modalità telematica.
È ormai acclarato nel mondo scientifico e dall’evidenza delle cronache quotidiane che non sia possibile derubricare questa epidemia da COVID-19 ad una semplice epidemia influenzale e i dati epidemiologici dimostrano che la diffusione dell’emergenza è stata legata, a nostro avviso, a diversi fattori:
la mancata adozione a livello regionale e nazionale del piano di prevenzione per le pandemie sollecitato negli anni passati dalla OMS e dalla Comunità europea. Ciò ha determinato l’impreparazione ad affrontare l’emergenza, carenze importanti per quanto riguarda l’in/formazione del personale coinvolto e la carente o del tutto assente predisposizione di adeguate Misure di Protezione Collettiva (MCP) e l’approvvigionamento di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) adeguati nel tipo e nella quantità;
lo smantellamento dei presidi ospedalieri pubblici territoriali, con la drammatica riduzione dei posti letto;
lo smantellamento della vigilanza sanitaria territoriale;
la carenza di personale medico e infermieristico, anche in conseguenza dell’introduzione del numero chiuso per le professioni sanitarie e dei tagli alle borse nelle scuole di specializzazione dell’area medico-sanitaria;
le conseguenze del continuo e sistematico taglio dei finanziamenti al sistema di alta formazione universitaria pubblica e statale sia nei percorsi di laurea (contrazione dell’offerta formativa e riprogrammazione spesso confusa della stessa, inserimento di numero chiuso, livelli di tassazione spesso elevati, tagli al diritto allo studio) che post-laurea (riduzione di posti nelle scuole di specializzazione nei corsi di Dottorato e riduzione degli assegni di ricerca). In questo scenario epidemico riteniamo che sia fondamentale contrastare la diffusione di informazioni spesso distorte o peggio falsificate attraverso il potenziamento del sistema di formazione universitaria;
le conseguenze del forte depotenziamento della ricerca di base universitaria e pubblica statale, basato su continui tagli al sistema universitario e sull’introduzione di metodi e criteri di valutazione mirati al differenziamento della distribuzione di fondi tra gli atenei italiani.
Le prime indicazioni a firma del Ministro dell’Università e della Ricerca sulla gestione delle fasi di rientro risultano, a nostro avviso, molto generali e non esaustive per assicurare una ripresa delle attività universitarie in sicurezza.
Certamente sarà fondamentale la gradualità della ripresa delle attività didattiche e di ricerca, almeno fino a settembre, proseguendo in modalità mista, sia frontale che telematica, lo svolgimento delle attività didattiche.
La politica di revisione della spesa adottata nel tempo da diversi governi si è concretizzata in tagli drastici al sistema universitario sia nei percorsi di laurea e post-laurea che nella progressiva carenza di progettualità e finanziamenti nel campo della ricerca di base di tutte le materie scientifiche, umanistiche e giuridico-economiche; ciò ha determinato un divario culturale e di conoscenza dei fenomeni che, a nostro avviso, è una delle principali cause alla base del forte rallentamento delle fasi di ripresa dall’emergenza COVID-19 sia in termini sanitari che per gli aspetti sociali ed economici.
Pensiamo che sia illusorio e fortemente rischioso, per una possibile recrudescenza emergenziale ancor più invasiva nella nostra società, chiedere al sistema della ricerca di intervenire in modo frettoloso per la messa a punto di nuove terapie (vaccini, terapie farmacologiche ed altro) o di adeguati interventi socioeconomici in tempi rapidi senza il possesso degli strumenti della comprensione di base dei fenomeni che stiamo verificando essere intorno a questa pandemia. Pensare di ritornare alla normalità antecedente allo stato emergenziale in modo frettoloso significherebbe azzerare completamente i risultati della grave esperienza di distanziamento e isolamento sociale che collettivamente stiamo vivendo, con il rischio in futuro di ricadere in situazioni simili.
In questa fase di emergenza, e nelle fasi di ripresa delle attività che verranno nel medio e lungo termine, riteniamo necessario e doveroso da parte del Sistema Universitario e della Ricerca pubbliche statali compiere un ulteriore sforzo per fare in modo che tutto possa essere svolto in maniera uniforme e chiara per tutti ed a tutela di tutti: non possiamo permetterci passi falsi, soprattutto in vista della ripresa delle attività lavorative e della necessità che le università pubbliche statali tornino a svolgere un ruolo fondamentale per la ripresa globale del paese.
Per questi motivi riteniamo che sia imprescindibile, per evitare di vanificare tutto il lavoro svolto in questo periodo di emergenza dal personale universitario docente, dai ricercatori precari e dal personale tecnico-amministrativo, una drastica inversione di rotta rispetto ai pesanti tagli subiti nell’immediato passato, con la previsione di immettere nel sistema universitario risorse finanziarie e umane consistenti.
Chiediamo pertanto che sia valutata la possibilità di adottare nel nostro Ateneo misure coraggiose che facciano da stimolo del sistema universitario locale e, in prospettiva, nazionale.
Adottare un piano di emergenza per la prevenzione e il contrasto delle epidemie, integrato nelle misure di prevenzione e protezione per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, che preveda una costante e adeguata formazione e informazione di tutta la popolazione universitaria e la costituzione di riserve di DPI adeguati.
Il rinvio delle procedure di valutazione della ricerca (VQR 2017-2019) in atto, come ribadito anche dal CUN, e il rinvio dei processi di valutazione e accreditamento dei corsi di laurea e di dottorato in atto e sospensione di tutte le procedure valutative future.
Revisione delle finalità delle valutazioni della ricerca, dei corsi di laurea e di dottorato affinché non siano strumentali ad una ripartizione differenziata di fondi negli Atenei o ancor più di valutazione dei singoli ricercatori.
Le campagne VQR e tutte le campagne di valutazione dei corsi di laurea e dottorato ad oggi costituiscono “il cavallo di troia” per lo sciagurato piano, fortunatamente e per il momento accantonato, di revisione costituzionale di autonomia differenziata delle Regioni in materia di istruzione.
Abbiamo fortemente contestato tutti i progetti di autonomia differenziata che i vari governi hanno cercato di applicare anche in tempi recenti e la crisi emergenziale pandemica ha evidenziato tutti i limiti dell’autonomia regionale soprattutto in campo sanitario.
La corsa sfrenata alle valutazioni, come strumento di ripartizione di fondi e discriminazione tra i ricercatori, ha determinato la differenziazione degli Atenei in atenei di serie A e serie B, prima ancora di affidarla alla famigerata riforma del titolo V della costituzione italiana sull’autonomia differenziata. All’interno degli Atenei ha scatenato una folle competizione tra dipartimenti di eccellenza e gli altri dipartimenti per l’accaparramento di punti organico, innescando una competizione tra i ricercatori che è sfociata in un incremento di conflittualità tra colleghi, anche a livello giuridico.
Incrementare le risorse per la ricerca di base a partire da un forte aumento dei finanziamenti di Ateneo tipo ex 60%, prevedendo una quota di fondi opportuna destinata alle misure di prevenzione, igiene e sicurezza sul lavoro.
Incrementare il finanziamento di borse di studio e di ricerca (assegni di ricerca, borse di dottorato, posti di specializzazione, ecc.).
Stabilizzare il personale tecnico amministrativo precario che da troppo tempo esprime le sue competenze attraverso bizzarri e mortificanti forme di contratto a tempo determinato.
Avviare un piano straordinario di assunzioni di personale tecnico amministrativo principalmente dedicato ai servizi di gestione della sicurezza e a professionalità ormai assenti da anni nella nostra Università, con competenze mirate per i laboratori di ricerca e di didattica, come periti chimici, periti elettronici ed informatici.
Definire un piano straordinario per il passaggio di ruolo a professori di seconda fascia esteso a TUTTI i ricercatori a tempo indeterminato.
Avviare un piano straordinario per il reclutamento di ricercatori di tipo B e prevedere di unificare le figure di ricercatori, di tipo A e di tipo B, in una unica fascia.
I piani di assunzione straordinaria praticati in questo periodo in campo sanitario dovrebbero essere attuati anche nel sistema dell’istruzione e della ricerca universitaria: a fronte del riconoscimento del lavoro che tutti i ricercatori a tempo indeterminato e dei precari hanno profuso in questa fase emergenziale; per affrontare la fase di ripresa che dovrà, necessariamente, proseguire nel rispetto del distanziamento sociale e che prevedibilmente determinerà l’aumento dei turni di attività frontali con gli studenti; per il potenziamento delle attività di ricerca di base.
Incrementare le borse di studio per gli studenti e favorire le politiche di diritto allo studio anche attraverso l’eliminazione del numero chiuso per i corsi di laurea che lo prevedono. Riprogrammare l’offerta formativa dell’Ateneo e favorendo un ampio accesso all’alta formazione universitaria di laurea e post-laurea.
Come Unicobas Scuola&Università di Bari, a fronte dell’inefficace azione ministeriale che di fatto sta lasciando gli atenei da soli di fronte alla crisi, crediamo che la grave prova esistenziale e di resistenza individuale a cui sta sottoponendo l’emergenza COVID-19 debba trasformarsi in una risposta collettiva per la difesa strenua e il rilancio dell’UNIVERSITA’ PUBBLICA STATALE e le misure indicate possono rappresentare un deciso passo in avanti per il forte e significativo ruolo delle Università nella ricostruzione del Paese