L’Unicobas sa che con lui se ne vanno il coraggio, l’onestà nel senso pieno del termine e l’onestà intellettuale, oggi sempre più rara. Se ne va il sapere critico di un uomo la cui lotta non s’è mai fermata, in una denuncia senza compromessi dei responsabili delle luride trame dei poteri forti nazionali ed internazionali. Un uomo che ha fatto luce sulle pesantissime connivenze istituzionali relative al sequestro Moro, così come sulla cricca infame della ‘Trilateral’. Un uomo che, invece di mettersi come altri comodamente ‘al riparo’ dell’agiografia, ha indicato senza mezzi termini burattinai e burattini, satrapi e quaquaraquà, mandanti ed esecutori, rifiutando al contempo, dopo la vittoria del ‘No’ al referendum costituzionale, la svendita del ‘No’ sociale, il minimalismo ridicolo delle ammucchiate e degli ideologismi totalitari ed elitari di falsi intellettuali e falsi costituzionalisti da salotto, che fanno solo da schermo a penose riedizioni dell’opportunismo elettorale in salsa ‘dalemiana’ (o anche ‘neo-bertinottiana’) operate dalla ‘sinistra’ (sic!) del pensiero unico (sempre tenuta in ostaggio dal suo passato di sotto-governo al ribasso, ostaggio del compromesso al ribasso, del ‘poltronismo’ e dell’apparato di ‘mamma Cgil’). Imposimato ha denunciato con noi, con l’Unicobas – e ne sono riprova i suoi memorabili interventi in numerosi partecipatissimi convegni -, la vergogna dell’antidemocrazia sindacale regalata, in regime anticostituzionale e di monopolio bulgaro, ai sindacati di regime.
Imposimato ha capito la forza oscura e dirompente dell’attacco alla Scuola ed all’indipendenza degli insegnanti ed alla libertà di apprendimento. Differentemente dai tanti, è andato ben oltre l’agitarsi di una ‘moda’ (momentanea e subito riassorbita), quando la critica alle cialtronerie renziane facevano ‘salotto’ persino fra quanti hanno poi votato (in Parlamento) la L. 107/15, così come fra quanti (con gli accordi sindacali e nelle scuole) l’avrebbero poi fiancheggiata senza ritegno. Imposimato ha capito bene che quello era solo l’ultimo passaggio di un percorso che viene da molto più lontano.
Imposimato ha riconosciuta la necessità di creare un Consiglio Superiore della Docenza indipendente e ad elezione diretta in analogia al Consiglio Superiore della Magistratura e di dare al comparto uno stato giuridico (e finanche un contratto specifico) non certo di tipo privatistico ed impiegatizio come quello che, all’inizio del percorso trentennale di attacco furioso all’Istruzione, conniventi Cgil, Cisl, Uil & C., venne imposto dal governo Amato nel 1994.
Imposimato non ha fatto mai sconti a nessuno, criticando senza remore anche l’immobilismo e l’ambiguità del Movimento 5 Stelle, su questi ed altri temi cruciali.
La perdita di Imposimato è una tragedia per questo Paese, ma proprio per questo, per ciò che gli dobbiamo, chi resta deve saperlo onorare e saper dimostrare che non s’arrende. Anzi, che l’impegno delle donne e degli uomini liberi cresce, senza risparmio, scorciatoie intimistiche, fughe nel privato, o nel ‘nulla’ di un virtuale privo di materialità, dimostrando che la Nuova Resistenza vuole fare il salto decisivo, persona per persona, direttamente dalla reciproca collocazione nella società civile e nel mondo del lavoro, per un cambio radicale, giusto, equo, onesto, capace davvero di unità ed organizzazione, capace davvero di democrazia diretta: per un mondo di giustizia sociale, per un progetto che valga davvero ‘la pena’, un progetto libertario, costi quel che costi, qui ed oggi, senza se e senza ma.
Stefano d’Errico (Segretario nazionale dell’Unicobas)
ADDIO, GIUDICE CORAGGIO
Addio, Ferdinando Imposimato. Eri il papà di tutte le persone oneste di questo sventurato Paese. Sono tanti i tuoi orfani in questo momento. Non ti sei arreso mai, nemmeno di fronte alle mafie, nemmeno di fronte ai servizi segreti deviati che ordivano stragi, nemmeno quando gli assassini hanno ucciso tuo fratello per vendicarsi della tua sete di giustizia e di verità. Nemmeno di fronte ai poteri più grandi e più forti di questa Terra maledetta. Nemmeno quando la tua salute arrancava nella corsa contro il tempo. Hai sempre avuto il coraggio di dire la verità. Perché i potenti sono i potenti, ma la verità è la verità, e non si può tacere, perché se tacessero i coraggiosi griderebbero le pietre. Hai difeso la Scuola Statale (l’unica pubblica!), che tu riconoscevi come organo costituzionale e istituzione democratica fondamentale per difendere i diritti di tutti. Hai difeso la libertà d’insegnamento e di apprendimento dallo scandalo della Legge 107/2015 (la “buona scuola” di chi “democratico” si definisce per comodità e per calcolo). Hai avuto il coraggio di gridare a gran voce che quella legge era l’estremo attentato contro il diritto allo studio e alla ricerca, un attentato in linea coi dettami della Loggia P2 e del neoliberismo delle multinazionali. E l’hai gridato ovunque, senza pregiudizi, senza senso di superiorità, con la semplicità e la schiettezza di un Uomo senza fronzoli, di un Uomo sincero; di un Uomo vero.
Siamo tutti più soli, ora. Ma non piangiamo. Seguiamo il tuo esempio. Il dolore sarà per noi come la rabbia: una fonte di energia pulita, rinnovabile, invincibile.
Tutti noi, donne e uomini che ti hanno ammirato, proseguiremo sui tuoi passi, calcando le tue orme, che il tempo non potrà cancellare né confondere.
Alvaro Belardinelli
Il “giudice coraggio” al liceo “Mamiani” di Roma il 30 ottobre 2017
La sua relazione al convegno “De brevitate scholae”, organizzato dall’associazione culturale “AltrascuolA”